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Delitto e processo della 'squartatrice' di Teramo


Editoriale 'Il Giornale d'Abruzzo', 1954 circa, pagine 120

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Questa pubblicazione comprende una rassegna stampa e gli atti del processo di uno dei più efferati delitti che sconvolsero la città di Teramo nel 1952.

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   che aveva fatto impensatamente e per quel che le sarebbe accaduto, paura che paralizza — come è noto — i centri della volontà e della coscienza portando ad azioni deliranti ed inconsapevoli.
   Se non si dovesse ritenere che l'azione mutilatrice non sia avvenuta in tale stato di irragionevolezza e involontarietà non si pò. potrebbe spiegare il motivo di essa, perché l'azione era evidentemente inutile, dato che alla fine il cadavere, mutilo o no sarebbe stato sempre scoperto, ed era dannosa perché, a colui che fosse stato cosciente doveva apparire come elemento di maggior colpa in un delitto commesso in stato passionale e d'improvviso.
   Dunque il consiglio di occultamento dato dal criminoso Urbani, sconvolgendo i propositi di confessione, trasse la donna che è riprovato ancora per questa ragione, non aveva premeditato! —' perché non avrebbe certo preordinato una sciocchezza — al più stolto e irriflessivo gesto che ella avesse mai potuto compiere e diretto più che con. tro tutto, con sé stessa.
   L'oratore che ha parlato fra l'attenzione ferma, intensa e costante di una folla, tra la quale moltissime Signore,*' accalcata nella grande Aula, dopo quattro ore volge alla fine.
   Invoca in ogni caso le attenuanti circostanze generiche.
   Quindi così conclude:
   II mio cuore stanco, solitario e appassionato dirà una parola ancora.
   Ma non a Voi, o Signori della Corte, che vi accingete alla decisione tremenda.
   Non a costei, che nulla più ode nell'allucinata e spasimante attesa.
   Non alla càvea gremita che forse sente nell'anima sua il rancore fattosi sgomento e trepidazione e più non osa di accendere il rogo.
   Non al mio tormento di difensore che non s'acqueta e maggior, mente mi assilla, ora che il mio ultimo sforzo è compiuto.
   Io dire una parola sommessa e sommersa nell'angoscia dell'ora fatale, a Uno che è qui presente e noi non lo vediamo, che sempre più è presente quanto più noi non Lo vediamo.
   Dacci la luce, oSignore. <
   Dacci la luce della tua lampada ardente e luminosa che fu confusione agli Scribi e ai Farisei, che fu resurrezione di Betania, che fu terrore sul Golgota ai militi e al Centurione.
   Dacci la luce della tua lampada vittrice della morte.
   E salva, o Cristo, o Signore, salva in questa ora di sua orrenda morte, costei che è la più sventurata, la più triste, la più umile, la più sola, la più sperduta delle tue creature!
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