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Storia Ecclesiastica e Civile della regione più settentrionale del Regno di Napoli (oggi città di Teramo) - Volume 5
Niccola Palma
Stampatore U. Angeletti, 1835-1836, pagine 244
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•
mio
non dovevano più vedersi sicuri tra le mani de'loro mortali nemici
specialmente da die perdevano 1' appeggio della famiglia de Mclutino : onde è ;i credersi benissimo che fin dal 14'7• riuscirono da Teramo. E buon per loro di aver adottata sì prudente misura
poiché sarebbero stali indubitatamente inviluppati nelle vendette
che in fine a'6. Gennajo i4ao. dei torti sofTerti nel 14agli Antonellisti riuscì di prendere
e che renderono quasi deserta la città . Ancorché avesser voluto ripatriare negli nnni arguenti
quando Braccio governò Teramo
non avrebbero potuto ; giacche gli ufficiali di costui tennero lontani gli esuli . Egli è vero che ni fuorusciti si olili nuovamente occasione di «entrare in Teramo
e di ripigliare il di sopra ai rivali
coli' avere spinto ed ajutato Giosia di Acquaviva ad insignorirsi della città nel i434 - ni» di sì fatta occasione profittar potevano i Mela-tinisti volgari
non già coloro clic avevano a paventare speciali risentimenti del fiero dinasta . Sciocchi stati sarebbero i figli di Errico de Melatino se si fossero lasciali afferrare dal vendicativo figlio di quel duca Andrea-Matteo
proditoriamente ucciso dal padre loro diciassette nnni prima : e poco meno eciocchi sarebbero stati a fidarsi di lui i Paladini
uniti alla famiglia de Melatino anche col vincolo di doppia parentela
come hanno le memorie conservate dai sigg. Paladini Leccesi
delle quali mi si è data assicurazione
c molto probabilmente complici dell'uccisione di Andrea-Matteo. E'pare che fino al 14^4• * Paladini non avessero trasportato stabilmente altrove il domicilio ; dappoiché in caso diverso il magistrato ligio a Giosia non avrebbe domandato
nò questi confermato il perpetuo bando di Berardo e Giov.anni figli di Niccola Paladini e della loro progenie ( Cop. XLVII. ) . Allorché videro però che Giosia piautò le radici iu Teramo
se ne passarono a Lecce
per la protezione della Regina Maria d' Engenio da Berardo incontrata . Muzj dunque e Brunetti dissero che i Paladini partirono da Teramo nel 1417. perchè effettivamente più non vi rimisero piede da quell'anno
benché l'epoca dell'emigrazione definitiva abbia a fissarsi al i434*
Piuttosto i due
comechè diligenti scrittori
caddero in errore circa lo stemma dei Paladini . Asserì il primo che consistesse in due rose in una sbarra traversa
c lo ripetè il secondo . All' autorità di entrambi fu tanto ossequioso il Tullj che sebbene invitato da Antinori nd indagare se la croce dentata o sicno i due tronchi spinoti incrociati di F. Berardo da Teramo ' vescovo di Aquila avessero qualche somiglianza colle armi dei Paladini
consistenti in una Croce con ponti 1 decise ( p. 101. ): » riguardo alle >3 armi gentilizie di quella Famiglia
clic metterà nello scudo due Rose in » una sbarra che attraversava lo scudo medesimo al dir di Muzio nel » Dialogo 3. c come si vedono incise in una pietra fabricata sopra 1' arco » dell' uscio d' una piccola casa di D- Felice Michitclli mio Zio attaccata » alla sua grande verso la parte di oriente colla figura ancor d* una mitra ■» sopra lo scudo
niente han di analogìa quelle di questo Vescovo » . Tale pietra è riinasta nell' indicato sito fino al i83o. allorché dal sig. Colella dandosi miglior forma alla fabbrica
è andata a rincalzarsi e seppellirsi nelle nuove muraglie . L' asserzione di Antinori
ed il sapersi che 1' impresa de' Paladiui di Lecce è una croce
tanto lunga e larga quanto é lungo e largo lo scudo con quattro gigli inquartati
mi tennero alcun poco sospeso : finché cedendo alla testimonianza dei tre nostri storici
e pensando che i Paladiui jxrtcvano iu Lecce aver cambiata 1' arma
trascorsi anch' io a dire