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sacro Consiglio facendo istanza o di avere la possessione della Città, o gli fossero restituiti i quaranta mila docati: e pei' esso consiglio si rispondea, che quando l'Università non avesse in lutto soddisfatto non si sarria mancato di dar detta possessione, scrivendo alla Città e minacciando voler mandar di nuovo il Commissario, se non affrettavano il pagamento. Di modo che per tutto l'anno 1525 si visse sempre con sospetto, e con cautele, e guardie di notte, e di giorno, tenendo del continuo ambasciatori in Napoli, ed altrove.
Rob, D'onde cavò l'Università sì grossa somma di danaro, dico quella della ricompra, e le tante altre spese fatte?
Giul. Buttò un'esazione di un ducato a libra, chiamata la colletta della libertà, facendone però franche tutte le persone impotenti, e Colangelo di Veccia (ancorché potente) perchè Fra Gabriele fratello carnale di dotto Colangelo era andato in Spagna all'Imperatore.
Rob. Seguite il fine e l'esito della pretendenza del Duca.
Giul. Circa il fine dell'anno 1525 mori il Duca Andrea Matteo, al quale succedette in tutti i suoi stati il Marchese Gio: Francesco suo secondogenito, essendo Gio: Battista il primogenito morto fanciullo in vita del padre, e giace sepolto in Cellino. Avvennero poi le guerre tra l'Imperatore, ed il Re di Francia, e la venuta di Lautrech nel Regno, il Duca Gio: Francesco si accostò con Francesi, onde venne a prendere tutti i suoi Stati, e liberò questa nostra patria d'ogni timore, perchè ho udito dire da Uomini di quel tempo, che n'era*più che il Padre ansioso. Il Ducato d'Atri fu dall'Imperatore riconcesso a Gio: Antonio terzogenito d'Andrea Matteo, per avere persistito nella fedeltà, ma né egli né il Duca Gio: Girolamo, che gli succedette ha mal cercato di molestar la Città, tanto più avendo avuta notizia, che l'Imperatore nel 1530 confirmò i nostri privilegi'! del demanio, restando però imperfette le capitolazioni dell'anno 1522, nelle quali la Città si ricomprava, essendo anco libera dai fiscali pagamenti ordinarli, e straordinarii, e con le condizioni di pagare il censo nel modo, e forma, che si era capitolato.