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ramo la perduta pace. Chiamò egli quindi nella cittadella della saddetta città alcuni capi Antonellisti, ch'erano stati assicurati a tornare in patria a quell'uopo con salvacondotto. Ciò arrecò indicibile disdegno ai Me-tinisti, che stimavano ormai abbattuto per sempre l'avverso partito, e in particolar modo poi al loro c;ipo, Angelo di Cola Creilo, che si fece uscir di bocca queste audaci parole riferite dal Muzii nel patrio dialetto: « Orsù basta ci sta messo ti scacciare. » li detto fu riportato ali'Acquaviva, che pensò vendicarsene a suo modo, ponendo a opera un feroce mezzo che valesse insieme e a torre ogni cagione di dissidio e a incutere tal terrore negli animi, da impedire ogni ulteriore scoppio di ire partigiaue. Egli dunque, ogni cosa dissimulando e dicendo di aver deliberato un modo efficace da ristabilir la concor-dia fra tutt'i cittadini, chiamò pel dì seguente all'imprudente parlar del Crollo in S. Fla-viano, ora Giulianova, da una parte il detto Crollo con dodici suoi compagni, e dall'altra alquanti Antonellisti. Andarono infatti ambedue le schiere in 8. Flaviano e Giosia le fé' porre in separati alloggiamenti, ma, giunta la mezzanotte, i tredici Melatinisti furono costretti a levarsi e ad incamminarsi sulla strada che menava a Teramo: pervenuti nelle vicinanze della sunnominata Chiesa di S. Maria dell'Arco (sui cui ruderi esiste oggi qua