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Sugli statuti teramani del 1440

Francesco Savini
Tipografia di G. Barbera Firenze, 1889, pagine 238

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   58 PARTE II. GIURIDICA,
   tanto era questo immutabile che il padre ed il marito erano tenuti a scontar le pene pel tìglio e per la moglie (IV, 138).
   Estensione del poter criminale del (1 indice. — Avea egli insieme col Notaio de1 Capitoli piena facoltà d'iu-struire, procedere e condannare (con pene solo pecuniarie, siccome dicemmo dietro alla lettera a)) per delitti contro le persone ed i beni commessi da chiunque della città e del territorio (ile districhi) sicno in esso territorio e siono fuori (III, 1).
   Citazioni. —11 Giudice ed il Notaio de' Capitoli do-veano entro tre giorni dalla querela o dalla denunzia dei delitti far citare per mezzo de' baiali P imputato, il quale entro quel termine era tenuto a confessare o a difendersi, dando un garante (fideiussorem) se la pena superava dieci libbre e dentro tre giorni se non possedeva beni nei confini teramani. Di poi, fattolo chiamare pubblicamente al banco dal banditore, il Giudice procedeva alla condanna o all' assoluzione. Le sentenze erano nulle senza le suddette citazioni e termini (III, 2 e IV, 139).
   Contumacia. — Se l'imputato dopo le suddette citazioni non si presentava, era dichiarato contumace, e condannato quindi qual reo confesso e senz' appello (III, 2 e IV, 139).
   Procedimento d'ufficio nei delitti pubblici. —11 Giudice ed il Notaio de' Capitoli poteano procedere d'ufficio nelle cause criminali ed in ogni danno fatto al Comune (I, 14), e, se dal loro ufficio giustamente esercitato proveniva qualche svantaggio al Comune, rimanevano indenni (I, 10).
   Delitti contro Dio : bestemmie, spergiuri. — I bestemmiatori di Dio e della Santa Vergine erano puniti con cento soldi; di San Giovanni Battista, degli Evangelisti, degli Apostoli, di Sant' Antonio e di San Berardo con