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nei funerali: il cavarsi il berretto, la carpusia1 o il cappuccio, il mutar la forma (normam) in questo, lo strapparsi le vesti etl il portar la barba. Tutto ciò era vietato ed anche, il mandar da mangiare e da bere alla casa del defunto causa consolatìonis (donde l'attuale voce dialettale di consóli che si dà a simili pranzi) a tutti fuorché agli stretti parenti (IV, 127). Il compenso o dazio de' morti (datium defunctoruni) potea darsi soltanto ai chierici che fossero iu cotta e sempre presenti ai funerali. Krano proibiti i pianti ed il lutto in tempo di notte (IV, 12S). Le donne poi, che seguivano i morti piangendo e vestite a lutto (plorando et corriqjtando), poteano far ciò solo fino a due case dopo quella del defunto, e quelle che gli fossero state congiunte in secondo e terzo grado (canonico s'intende) poteano solo, seguendo il cadavere e alla presenza degli uomini, togliersi la venda che dovea essere un panno da covrire il capo (IV, 12'J). Victavasi da ultimo di vendere all' asta pubblica i beni di un defunto nei giorni di venerdì e di sabato (IV, 130). Era ciò forse per non imbarazzare. o funestare il mercato, clic cadeva appunto iu giorno di Sabato V Si noti su questi usi che qualcuno ne rimane, siccome quello di non radersi la barba in segno di lutto por un certo numero di giorni tuttora in vigore nel contado, 1' altro d'inviare pranzi alla famiglia del parente trapassato e i quali diconsi ancor oggi cònsoli. Non esiste però ora più la costumanza delle donne piangenti che richiama a quella antichissima delle prefiche. Si noti da ultimo l'ingerenza, che a' nostri tempi appare certo soverchia, dell' autorità comunale che proscrive perfino i segni più innocui di lutto, siccome il portar la barba, il cavarsi il berretto e via dicendo. Siffatte leggi funerario ci rivelano al-
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