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Sugli statuti teramani del 1440

Francesco Savini
Tipografia di G. Barbera Firenze, 1889, pagine 238

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   CSI KKMMINli.I, VESTI DOSKKSOIIR. !)1
   un altro (IV, 88) si parla de' giiamclli (f/uarnellos), col qua) nome si chiamano tra noi le gonnelle delle donne di qualsiasi stoffa, mentre il Dizionario attribuisce quella voce alla veste donnesca tessuta di accia e di bambagia. Abbiamo citato più sopra, negli usi nuziali, queili che stimiamo essere i fazzoletti, giacché il vocabolo salivatis del testo pare equipollente al medievale sulivarium clic serviva, con sopportazione del lettore, ad accogliere la saliva. 'Negli usi funebri scorgemmo vietato alle donne il togliersi la vendimi, voce, clic, non registrata in alcun Dizionario, varrà forse a significare un veli» da capo o altra simile covortura. Ornavansi alfn.'sì le. donne di cinture che doveano essere di cuoio, e giicrnito di argento e di perle, come sembra doversi trarre dalle frasi com'yiis di molto valore e dal prescritto peso di una libbra d'argento e di tre once di perle, di cui si parla nello Statuto (I, 02), ed oltre il quale non poteano indossare le spose.1 Che le cinture poi fossero sì ricche conferma il Muzii, allorché narra clic nel principio del Cinquecento2 in Teramo « le donne maritate nei giorni festivi portavan sopra almeno quattro libbre d' argento (ed ecco qui una delle solite violazioni delle leggi suntuarie) in grosse cinture, in bottoni e piastre tempestate per le vesti ec. » Nò solo nelle cinture usavansi le perle, ma anche nelle ghirlande, corone, negli anelli e cerchietti (circellis), che vedemmo già esser permessi alle spose 5 e che ci mostrano l'abbondanza di quelle gemme in Teramo, che del resto sembrano essere state le sole allora, per non farsi negli Statuti menzione di alcun'altra. Notisi puro la scarsezza o meglio mancanza dell' oro ne' nio-niii donneschi, giacché lo nostre leggi, vuoi piovve-