«OHE. IMMONDEZZE, CAROGNE, KECCE. 103
Vescovo ; però nel luogo, ove quelle buttavansi, do-veasi conficcare un palo con un corno in cima, forse (piai segnale (IV, 12).
fi'paryi mento il eli e immondezze. — Era vietato di gettar sozzure, e di soddisfare ai propri bisogni (ege-.slare (in luogo di eyerere) et mingere) nelle carbonaie ' de' fossati settentrionali della città (IV, 24), nelle piazze e nelle rue (ruyis) e addosso le case (iuxta ilomos) (IV, '.)); nò si potea far sozzure nè gettarle dalle logge (profendis), dalle porte o dagli smaltitoi (oersutoriis) innanzi alle altrui case alla distanza minore di ve.uli canne. (IV, 10). l'ira pur proibito nelle piazze e nelle me (ruyis) di scorticare animali e ili buttarne ivi i piedi e le corna (IV, 12); i calzolai poi doveano astenersi dal gettare le acque putride (aquam vul.se) sotto i loro bischètti e nelle piazze (IV, 2(>) : neppure la giticela ' dei frantoi potea spargersi nelle vie, tranne in tempo piovoso (IV, S2). Da ultimo era curata la purezza delle fontane col divieto di farvi sordidezze e di lanciarvi pietre più da vicino di due canne (IV, 2S).
Getto delle carogne. — Non si poteano gettare le carogne degli animali nelle strade pubbliche, nè nelle carbonaie presso delle mura della città, ma solo nei fiumi e lontano dai ponti (IV, 27).
('avute pei emiri mi. — Era proibito di fare cavate (cacala*) presso le mura della città, per riporvi paglia e letame. (fimns) (IV, 11), siccome anche di scavare lo strade por trarne pietre o porvi qualcosa (IV, 17).
UritciumeiUo ili-Ile fecce. — Lo fecce vinoso non uti-lizzavansi allora conio ogui pel cromor di tartaro od altro, ina erano, (piale mutilo materia, consumato col