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Sugli statuti teramani del 1440

Francesco Savini
Tipografia di G. Barbera Firenze, 1889, pagine 238

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   TRIBUTI. 119
   dell'olio e quattro di esse doveano entrare in un tomolo. Un migliaio (miliare) s'intendeva la misura di sessanta caldaiuole (IV, 85). Per l'olio v' era pure il metro, usato fino ad oggi ed equivalente a ventitré litri, eh' era composto di sette misure segnate dal Giudice per la vendita a minuto (IV, 83).
   Il petito (pettiniti) poi era la misura del vino che doveano tenere i tavernai sigillata a piombo dal Notaio de'Capitoli (IV, i>')). Quanto essa valesse non sapremmo ora dire, solo notiamo che simil nome, come ha il Du Cango,' indicava nel 1300 a Roma una specie di misura po' liquidi. Vorrà essere stata la caraffa di quo'tempi, che vale oggi tre quarti di litro?
   TRIBUTI.
   Note storiche. — Ogni età, come ben dice il Muratori,3 conobbe gli aggravi, che presso di noi, siccome presso tanti altri popoli, si chiamavano collette, dal latino colligo, eollectuni; raccogliere, raccolto. Lo stesso Muratori3 le chiama pure collatce e le trovò in un editto di Teodorico appellate collattoncs; in tal caso deriverebbero da confero, collatum; contribuire. Come ognun vede, ambedue le etimologie convengono alla cosa ; giacché le tasse e il Fisco le raccoglieva ed il popolo le contribuiva. A Teramo nel secolo XV, epoca dello Statuto che andiamo qui analizzando, i tributi si dividevano in collette ed in gabelle, le prime si suddividevano in collette degli ufficiali (per pagarne gli stipendi) ed in collette generali o regie (I, 54). Le gabelle erano quelle che oggi si direbbero dazi indiretti, e che allora tra noi si riducevano al dazio comunale di consumo (IV, 150).
   • Dir Caxok, IUn»». intuì. el inf. Mini!, ad vorbum PHUum. ' Muratori, Aulir!,, imi., Diasort. l'J. • Idem.