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Sugli statuti teramani del 1440

Francesco Savini
Tipografia di G. Barbera Firenze, 1889, pagine 238

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   126 l'ARTR VI. ECONOMICA.
   e loro inastri : solo era permesso anticipare ai medesimi una parte della mercede il mattino per l'acquisto del vitto, dando poi loro il resto la sera: nondimeno era lecito fornirli di vino, di agli, di cipolle e di porri 11011 preparati però ma crudi (IV, CI).
   LEUOl SUNTUAIUE.
   Tali leggi si trovano in tutti gli Statuti italiani, se non clie di esse, più di ogni altra, si può ripetere il verso dantesco :
   giacche continue erano le violazioni e non meno frequenti le conferme di queste provvisioni. Anche noi più indietro 1 abbiamo notato un simile abuso. Ad ogni modo le leggi suntuarie vietavano ai cittadini le spese reputato soverchio nelle vesti, ne' pasti, ne' mortorii e simili1 e noi nella Parte IV di questo studio abbiamo riferito le provvisioni teramane su queste cose ne' paragrafi riguardanti gli usi nuziali, gli usi funebri, le vesti e le elemosine pubbliche, a cui, per non ripetere inutilmente il già detto, richiamiamo il lettore. Solo qui riporteremo quelle disposizioni statutarie che, toccando più da vicino la proporzione delle speso agli averi de' cittadini, stanno meglio sotto la rubrica delle leggi suntuarie. Giusta le medesime dunque ninno potea spendere, per le proprie donne nubili o maritate sia in ornamenti e sia in vesti, oltre la metà del valsente della loro dote ed in modo poi che nessuna potesse portare sulla persona più di una libbra d' argento e «1 i tre once di perle. Era pur vietato alle donne il fare, per cagion di nozze, donazioni maggiori del trenta per cento del suddetto valsente (r, 02).
   ' V. ,tì IV-'li fen,.,,filili nella l'arie IV elica.
   ¦ Cf. Kezasco. Di;. *tor. anni,in., alla voce /.-'/'/<¦ § LXXXVI.