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Sugli statuti teramani del 1440

Francesco Savini
Tipografia di G. Barbera Firenze, 1889, pagine 238

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   lavorato: nel primo caso stimavasi 20 soldi (lire 2,r>0) all'oncia, e noi secondo 40 soldi (lire >,10). pure all' oncia (IV, 87). il che ci mostrerebbe quasi raddoppiato ai giorni nostri il valore dell'argento. Nò ili molto differiva il valsente teramano d'allora da quello generale del Regno, durante tutto il secolo XIV, in cui i valori agguagliavansi press' a poco a quelli della prima metà del susseguente. Difatti i conti dei tesorieri (Ratio tìicsaurarioritin) angioini ci provano che ai 14 giugno del 1310 l'argento grezzo, detto de tornita caro-Icnsis in pondero, calcolavasi alla ragione ili 1 oncia 9 tari e 12 grana per libbra, cioè circa 05 grana (lire 2,7(1) per ogni oncia, quanto è dire quasi lo stesso citato valore nostro.'
   Vendita de' metalli vili: acciaio, rame, stagno,piombo. — Di tutti questi metalli e di ogni altro si parla negli Statuti, quando se ne stabilisce la vendita al peso del marco lucchese (IV, SG), di cui abbiam detto qui sopra al luogo de'Pesi. Del rame si fa parola un' altra volta, od ò allorquando si fissa il massimo del poso do'vasi di rame ; ma di ciò più innanzi al luogo de' Calderai.
   Vendita de' pannilani. — Questo era il maggiore commercio dei Teramani nel Quattrocento, siccome appunto era l'industria della lana clic gli dava origine e di cui parleremo più diffusamente al luogo delle arti e de' mestieri, che fiorivano allora nella nostra città. Qui, dovendoci occupare, della sola vendita ili questa merce, diremo che gli Statuti vietavano la vendita e P introduzione della lana falsificata (IV, 93), e stabilivano che i pannilani ed i pannilini si vendessero alla sola misura della canna napoletana (IV, SS).
   Veìidita della cera, delle candele e dell' incenso. — La cera, siccome abbiamo veduto ragionando qui so-
   Cf. Ardi. stor. napolel., Anno XI, 188G, fase. II, pag. 184.