132 l'ARTR VI. ECONOMICA.
Il prezzo delle carni boi-ine rcgolavasi noi seguente modo: se il Ime o la vacca valeva da 40 a !50 soldi, la carne vendevasene a due danari il rotolo; se era stata pagata oltre 50 soldi e tino a 3 libine (lire), la carilo cresceva fino a 3 danari : in generale quante lire valeva il bue, tanti danari se ne vendeva la carne al rotolo, oltre il danaro che pagavasi per la tassa del quartuccioAll' esecuzione poi di queste leggi presiedevano il Notaio de' Capitoli e due uomini scelti dai Sei del Reggimento (IV, ili).
Il prezzo delle carni suine, se trattavasi della fra noi celebre porchetta,* era stabilito a 15 danari il rotolo (IV, 118), circa 17 moderni centesimi al chilo-gramma. Vedasi quanta differenza tra gli antichi e. moderni valori ! Delle altre carni porcine non era stabilito il prezzo, ma solo detcrminavasi che si vendessero senza toglierne il lardo, purché il maiale non valesse più di 50 soldi (IV. 104) : in questo caso il lardo n'era staccato e venduto 2 danari più della carne (IV, 10S). Si trae da questa notizia che il maiale (il grasso qui si deve intendere) era assai più pregiato del bue, cosicché lo vediamo apprezzato al pari e anche più di un giusto bue, che, come abbiamo visto, valeva da 30 soldi a 50 e più soldi.
Il prezzo delle carni ovine stabili vasi dal Notaio de' Capitoli e il maggiore attribuivasi a quelle di montone e di quo'castrati che pesassero almeno sette rotoli. Quando poi questi pesavano più poco, allora so ne vendeva la carne due danari meno, tenuto sempre conto della summentovata differenza tra i castrati di
' Vedili» tra i Tribali in quosta stessa l'arte l'I, conni puro riscontra ivi il valore di questi pesi e di questo misure.
1 E un piccnlo maiale elio si cuoce arrosto al forno o allo spiedo, giusta l'uso tuttora vigente negli Abruzzi, nello Marcile e in alcuni luoghi di Toscana. Si noti anche in ciò l'eguaglianza do' costumi nostri con quelli dello Marche.