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Sugli statuti teramani del 1440

Francesco Savini
Tipografia di G. Barbera Firenze, 1889, pagine 238

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   citare i loro negozi e sia nell' estrarre la merce dalla città e dal contado (districhi) teramano (IV, 135). Quanta ricchezza doveano produrre a vantaggio de'Teramani tanti mercanti forestieri, la quale poi andò miseramente perduta per le oppressioni spaglinole di ogni natura !
   Fornaciai (Fornacinarii). — Al par dell' arte della lana, antichissima è tra noi la figulina, come dimostrano le numerose anfore, olle cinerarie, dolii e lucerne che sempre si scavano di sotterra ne' nostri luoghi: anzi si leggono in questi vasi i nomi delle officine, siccome son quelli di Fortis visti dal Delfico 1 nelle lucerne e di Caia, Decia, Slabcria, nei tegoli e nell'urne. Noi stessi abbiali! letto in parecchie lucerne di creta, di foggia vaghissima, la scritta : Vibiani. Ma anche di questa artistica industria 11011 è più da domandare novella fra noi, giacché ebbe termine assai prima di quella della lana, e solo qualche traccia, ma in verità molto rozza, riuvicnsi tra i vasai di Campii. Ora passiamo alle leggi clic regolavano ii mestiere de' fornaciai, perocché di vasai 11011 è parola ne' nostri Statuti. Le forme dei tegoli e dei mattoni trovatisi prescritte in parecchi Statuti delle città italiane ed anzi veggonsenc tuttora i moduli ue' vecchi palazzi comunali di Ancona, di Rimini e di non poche altre città. Difatti gli Statuti d'Ivrea del 1331 stabiliscono le forme dei copi e dei mudoni,1 il clic fanno pure quelli della vicina Ascoli liei 1377. I nostri del 1410 parlano della misura di lunghezza, larghezza e grossezza (grossitiulinem), che dovevano osservare i pinziurii ed i mutonarii nella costruzione dei tegoli, degli embrici ( pi ii sii sioc embricai) e. dei mattoni (matoni), e la quale
   gralieu tra quel pimi» estremo d'Italia c i nostri luoghi, ovo eliia-masi appunto co/ij>v il tegolo.