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Sugli statuti teramani del 1440

Francesco Savini
Tipografia di G. Barbera Firenze, 1889, pagine 238

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   1
   222 CONCLUSIONE.
   Quando ne uscirono l'ora era assai tarda e in quel tempo, in cui nessuna pubblica illuminazione rompeva le tenebre delta notte, la comitiva, clic numerava una buona serqua di persone, accese il fanale prescritto, quattro torce legate insieme a quattro aste, e nel restituirsi alla propria casa s'imbatterono in vari gruppi di individui elio in quella notte di Carnevale giravano per le strade; ora tirami duo o tre e portavano uno sterpo acceso, ora quattro o cinque, con una lanterna ed ora sei o otto coli una torcia, a mano, ha nostra compagnia nioravigliavasi eli • in mezzo al chiasso carnevalesco tulli si conformassero, almeno in quanto ai lumi, alle prescrizioni dell'autorità municipale (111, 10).
   10 però tempo di tornare ai \occlii coniugi, i quali non aveano soltanto tìglio, da mandare a marito, ma anche figliuoli da istruire e ila educare. Il nostro padre-famiglia avea bensì questi ultimi provveduto di abili precettori, ma alla inorale e religiosa condotta de' medesimi badava egli stesso con la cura maggiore. Loro proibiva, ad esempio, i giuochi pericolosi, siccome il trarre con l'arco pallottole 0. frecce (IH. 22), o quelli immorali della zara o dei dadi, olii! il Comune, appunto per gli scandali e delitti clic ne provenivano, avea ila tempo bandito (III, 2S).
   Alla cura de' tìgli succedeva quella de' servi ; gli eccitava infatti a fuggire lo taverne e i giuochi vietati e, se per caso s'imbatteva per le strado in alcuno di loro clic giuocasse alle piastrelle ('stacsdlus), o scagliasse pietre, palaferri, lance (III, 22), egli tosto gli obbligava a tornarsene in casa ; e so poi co li coglieva di nuovo, non la perdonava al bastone, valendosi del diritto concesso ai padroni (111, 21). Una volta fra le altre ne dette delle buone ad un famigliare giovanetto, ostinato al giuoco e allo male parole, perchè- lo colse sul punto in cui, irritalo dallo perdite, scaraventava all' avversario imprecazioni ed ingiurie di simil fatta :