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Grecia reietta e i donimi suoi : sdegnose Poche voci si alzar tra i vili errori. Quando di Àlfier la Musa onnipossente Sorse di bile e patrio affetto ardente.
Qual astro alzossi luminoso e solo,
Ben d'altra etade e d'altro suolo degno; Non versò pianto di vergogna e duolo, Ma di Alighieri fece suo lo sdegno. Calzò il coturno, e nell'ellenio suolo Si spinse a voi dell'ispirato ingegno; E di Sofocle, e di Eschilo gli alteri, Fremendo, interrogò spirti severi.
Quei dall'avello, ove dormian, riscossi, Surser di "fosca luce incoronati, E poi che gli occhi ebber d'intorno mossi, Li reclinare al suoi mesti e turbati; Poscia col gesto a lui che umil chinossi, II plettro ed il pugnale insanguinati
Mostrar dicendo : « Dopo secol tanto Tu di trattarli sei degno soltanto! »
E Agamennòne, e il matricida Oreste, Itali accenti in maschio stirparlare; E invidia quasi la novella veste Fece all'antica, ed ei sen gloriare. Dì Filippo le cupe ire funeste, E di Garzia l'ingiusto fine amaro Poi sceneggiando, fu si vero e fosco, Che scolpiti apparir l'Ispano e il Tosco.
: L'itala libertà ch'iva spirando
^ Poi dei Pazzi pingea, nella congiura ;
Ma a nuovo si-librò volo ammirando 'Per region più spaziosa e pura,
Quando le sacre pagine scrutando
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