|
a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto!
- 46 —
Della verace ed immortai Scrittura, D'un re invasato, a Dio ribelle ed empio, Cantò le furie e il provocato scempio.
Oh ! cotant'alto e luminoso seggio Ti meritò quel sovrumano canto, Che tra gli emuli tuoi nessuna io veggio Degno d'aver suo loco a te d'accanto; Indarno ad essi il dir robusto io chieggio, E i forti sensi e l'ira, per cui tanto Sovraneggi ogni petto, ahi ! solo resti Nell'arduo aringo che primier schiudesti !
Deh ! se la pace di un' umil donzella. Che basso ha il carme: ma non basso '1 core, Eco far può alla nobile favella Di un di te degno altissimo cantore, Provvedi tu, che in questa patria bella Nuovo serpeggi artistico vigore ; E, te seguendo, italiana e sola, Fra ~noi trionfi la verace scola.
Arcireale, il giorno io marea 1853
L'Aleardi nel leggere queste ottave così ne scriveva alla poetessa :
« Lessi le vostre ultime ispirazioni. So anch'io .che ci voleva del coraggio a far parlare Alfieri; ma it coraggio è la coscienza delle proprie forze, e voi sentiste di averle, e avete vinto. Superbe .ottave sono quelle, e nei versi che favella il Conte v' è un certo sapore selvaggio che sembra perfino portino il suo suggello... L'iracondo Astigiano, se si fosse levato su dal sepolcro senza la Contessa d'Albany, credo che vi avrebbe dato nm bacio tutt'altro che tragico ;
* |