— 57 - -
pitali della penisola allora divisa in più Stati circondandosi dello splendore dei carmi ispirati come raggi di vivida luce. Con la potenza del suo estro vinse l'indifferenza, anzi l'avversione dei più, seppe su di questi menare trionfo, condurli/dalla sua e farli struménti della sua fama. Non era contenta di trionfare, voleva farsi amare e vi giungeva a maravi-glia sapendo tutti i segreti del vero amore. Giudichiamola alla stregua dei fatti e dalle idee dei suoi versi. Vinse l'alterigia di Roma, ne riportò applausi, e quando per le ottave sulla Beatrice di Dante colse il sublime e. destò meraviglia tanto che la volevano incoronare in Campidoglio, dà> un addio alla città eterna e lascia di sé vivo desiderio, anzi amore, e non fa spettacolo vano né pompa di tempi ed animi leggieri e festaiuoli. Va di là a Perugia, eguale trionfo riportò fra quelle genti. E questi versi improvvisativi nel 24 giugno del 1857 ci dimostrano tutto l'animo suo quando offerto all'autrice contemporaneamente da gentil signorina un> mazzo di fiori, e dagli accademici del teatro uj^ serto di alloro, alla richiesta che permettesse esser di questo incoronata, rispose :
Datemi fiori: a me di fior soltanto \ L'umile chioma cinger s'addice: Labili i fiori son, siccome il canto Che arcana possa da' miei labbri elice ; Ma al sacro allòr che desiò cotanto, E so! morto ottenea Tasso infelice-. Ah ! mai non fia che con orgóglio insano Avida io stenda ambiziosa mano !