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a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto!
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Questi i tre pegni son, questi i tesori Ch'io lieta serbo con gelosa cura; D'indiche gemme i tremuli splendori E ricche vesti l'alma mia non cura; Sol basta a me che in questi eletti fiori M'abbia un conforto incontro alla sventura, Che irata sparge di crudeli affanni II dolce tempo de' miei giovani anni.
Quando increscevol più del duolo il pondo Si aggrava sulla mesta anima mia, Che, disdegnosa del fragor del mondo, Ciò che avviene quaggiù scordar vorria, Quando il raggio benefico e giocondo Non piove sul mio cor la poesia, Corro a quel loco che per me rinserra Quanto ho di caro e prezioso in terra.
Guardo le rose, e al core, in quel momento, Al mio povero cor, fassi straniero Ogni senso di duolo, e in me risento Della speranza l'alito léggiero; Guardo le rose, e al delfico cimento Pieno d'ardor si slancia il mio pensiero; Guardo le rose... e di splendor vestita In quel punto si mostra a me la vita.
Oh ! se sperar non mi concede il fato Sola una fronda di quel nobil serto Che, tardi ahi ! troppo, venne al gran Torquato, Qual premio ai lunghi suoi dolori offerto, Più modesto ornamento a me sia dato Sopra la bruna chioma aver consèrto, E, in loco almen de' non concessi allori, Questi v'intreccerò poveri fiori...
Nell'ottobre dell'anno 184.8.
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