ESCURSIONE alle falde del Gransasso d'Italia e luoghi circostanti
Relazione letta innanzi alla Giunta Provinciale del Primo Abruzzo Ultra per la raccolta di minerali nell'adunanza del giorno 3 marzo 1873.
Onorevoli signori!
Allorché con decreto del superior Ministero venne costituita la Giunta che voi tanto degnamente componete, ognuno tosto si persuase che primo, anzi unico scopo della vostra missione si era quello di cercare o render palesi, per quanto il consentivano i mezzi, le ricchezze mineralogiche di questo vasto territorio. Il perché fin dapprincipio con commendevol sollecitudine curaste di far praticar a persone capaci le opportune e necessarie indagini al conseguimento del fine che vi era prefisso. Fra questo, mi piace ricordarvi lo scalpellino Timoteo Di Bello, il quale sì per la pratica acquistata dai luoghi, sì per le ricerche da lui altra volta fatte in località per noi le più importanti, sì ancora per ragguardevoli saggi posti in pubblica vista nella Regionale Esposizione del 1870, non era per fermo da dimenticare. Infatti da voi lo s'incaricò di fornire esemplari delle rocce da lui per quella circostanza raccolte, per le quali si ebbe da chi le ammirò plauso ed incoraggiamento. Se non che nello stringere le condizioni del contratto, egli si riserbò un patto, ed era che prima di accingersi al lavoro, fosse mandato dalla Giunta persona competente, alfine di riconoscere e constatare la effettiva esistenza in posto delle rocce ch'egli già travedeva.
E siccome tale bisogno era preventivamente da altri sentito, e riconosciuto indispensabile l'illustrar con quale ulteriore notizia i saggi, così si deliberò di assecondare il comune desiderio, coll'accordare al Di Bello quanto giustamente chiedeva.
E qui, o signori, vi confesso sentirmi un cotal senso di confusione in dovervi annunciare che in nome vostro dall'egregio Presidente fui io trascelto all'onorevole e non facile incarico, il quale pel rispetto che gli devo, e per l'amor che porto alle geologiche discipline, non mi permisi di rifiutare.
Pertanto avendo già da qualche tempo ultimate le mie peregrinazioni, vengo ora, giacché mi si presenta favorevole la circostanza, a darvi compimento coll'intrattenervi alcun poco intorno ai risultati che ne ho ottenuto.
Non v'attendete da me, povero come sono d'ingegno e di studi, né dotti ragionamenti, né esposizione brillante, ma solo un semplice e famigliare discorso, dettato, più per sentimento imprescindibile di dovere, che per volontà mia propria: più per la fiducia che ripongo nella vostra bontà, che nella pochezza delle mie forze.
Partito il mattino del 28 settembre, u.s. e trattenutomi in Montorio tutta quella giornata per disbrigarvi alcuni affari d'Ufficio, nell'indomani m'avviai verso Isola percorrendo la nuova e non sempre sicura strada di Tossicia. Colà giunto, non potei a meno di non fermarmi per qualche istante ad ammirare la graziosa cappella dell'epoca del rinascimento esistente poco lungi dall'abitato, che apparteneva in antico ad un monastero ora diroccato, e che è costruita ed ornata in magnifica pietra calcare bianca cui per la sua diafaneità accorderei volentieri il nome di marmo. (a) [ (a) Si è stimata degna di nota questa cappella, perché la si ritiene decorata della pietra calcare bianca di cui si dirà più innanzi]. Messomi di poi sopra una buona cavalcatura, in men di un'ora passava il vetusto ponte che attraversa l'impetuoso Mavone, e congiunge il paese d'Isola colla sua strada ora in costruzione. Venni colà accolto ed ospitato colla più squisita cortesia dall'egregio Consigliere Provinciale sig. Giovanni Deangelis, cui mi sento in debito di tributare innanzi a voi, che avete certo la ventura di conoscerlo, la mia più profonda riconoscenza. Trovai quindi il nostro marmorino Di Bello, col quale subito si concertò il da farsi per esaurire il meglio che mi fosse possibile l'incarico ricevuto; e si stabilì pel giorno susseguente la prima gita alle falde del Gransasso.
Spuntava appena il primo raggio di uno splendido sole, allorquando mi mossi dall'Isola accompagnato dallo scalpellino e da una guardia forestale che quell'onorevole Municipio aveva posto a mia disposizione. Percorsi il viottolo disastroso che costeggia il torrente Mavone risalendone il corso, ed esaminando tratto tratto gli enormi massi e i grossi ciottoli che nelle giornate di burrasca stacca dalle montagne e seco travolge seminandone l'angusto e profondo suo letto. Questi in generale li osservai di due sorta di calcare, ora bianco, ora rosso, screziati gli ultimi di belle venature di quarzo. Di qui presi naturalmente a sospettare o ad inferire doversi trovare non molto di là distante strati di tali pietre, e non esserne questi ciottoli che frammenti e tacite spie.
Dopo quattro o cinque chilometri di viaggio sempre sulle sassose sponde del fiume, ombreggiate da folte boscaglie di quercie e faggi, lo si attraversò quasi senza por piede in acqua, avvegnachè le pietre disseminatevi servivano da ponte naturale; e lasciatolo alla destra, m'incamminai per un sentieruolo che serpeggia in un fresco ed erboso spazio pianeggiante, unica gradita pianura in que' luoghi montani, tutt'attorno accerchiata da altissime cime. Poco di poi attraversai il povero villaggio di Fano a Corno; indi l'altro più elevato di S. Nicola, e con molto stento e fatica, parte a cavallo, parte a piedi, raggiunsi la vetusta chiesa di S. Nicola dopo d'essermi dissetato al fonte omonimo a non grande distanza dalla Chiesa.
Ing. F. BOLDRINI Segr.
(Continua)
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