LE PIU' BELLE CHIESE D'ABRUZZO:
Santa Maria di Propezzano
di Luigi Corrieri (tratto da: "ABC, Abruzzo Beni Culturali" - Pubblicazione trimestrale per la conoscenza la tutela e la valorizzazione dei beni culturali d'Abruzzo)


L'Abbazia di Santa Maria di "Propitiano", oggi Propezzano, sorge in un leggero altipiano a circa un chilometro dalla statale 150, isolata in mezzo ai campi, a poca distanza da Notaresco.
La leggenda della fondazione ci è stata tramandata nei distici latini che il Palma ricopiò dall'affresco sotto il portichetto ogivale della facciata, dove viene citata la data in cui avvenne il miracolo: "...in anno septingento quo carnem Christus sumpsit / decimo quoque quinto hic domum tale refulsit / die Madii dedicatio decimo facta fuit...". Il fatto è raccontato per immagini altre due volte: nella striscia affrescata sopra il 3° arcone a sinistra della navata centrale e in sei lunette del refettorio.
Narra questa la leggenda che tre arcivescovi, nel 715, tornando dalla Terrasanta si fermarono a riposarsi, e appesero le bisacce ad un corniolo. Quando si svegliarono per proseguire il viaggio, l'albero crebbe a dismisura e impedì loro di riprendere il bagaglio. Caduti in un sonno profondo ebbero tutti e tre la stessa visione: la Vergine mostrava un modellino di cappella e li pregava di costruirne una in suo onore in quel luogo. Fu così che decisero di edificare una cappella ponendo l'altare dove cresceva il corniolo. Venuto a sapere del miracolo Papa Gregorio II si recò in quel luogo e il 10 maggio dello stesso anno consacrò l'altare della chiesetta.


La splendida successione di motivi geometrici e vegetali che impreziosisce il portale laterale



La storia architettonica è un po' diversa. Di questa primitiva chiesetta, costruita nel periodo longobardo, non si hanno tracce se non in due piccoli frammenti scultorei riutilizzati nella costruzione odierna. Della successiva chiesa benedettina del secolo XI si sono trovate tracce sotto il pavimento odierno, e per forma e dimensioni non differiva dalle chiese romaniche costruite all'epoca, ma non è facile determinare se fosse a tre navate o ad una sola.
Il complesso odierno appartiene alla fine del secolo XIII: fu rimaneggiato nel sec. XV e ancora nel XVII. Fu abbazia benedettina fino al sec. XIV, quando passò sotto il patronato dei duchi di Atri.


Alla sistemazione tardo duecentesca (1285) appartiene l'attuale facciata asimmetrica: la parte destra, che si connette all'adiacente monastero, termina con la torre quadrata, naturalmente ricostruita sulle antiche fondazioni dell'antica torre romanica. La parte centrale, più alta e a coronamento orizzontale, secondo la tradizione del romanico abruzzese, culmina in un cornicione sostenuto da archetti pensili incrociati in laterizio. Al centro, il rosone, pure in laterizio, modellato a cinque cornici concentriche, ripete stilemi decorativi di tradizione romanico-bizantina.
Durante il restauro della facciata è comparso sotto gli intonaci un secondo rosone, più in basso (quasi in diagonale verso destra), più piccolo e più semplice, appartenente alla facciata del precedente edificio romanico. Alla base della facciata sta un portichetto triarco, quasi a metà strada tra nartece e protiro, con tre archi ogivali sulla fronte sostenuti da tozzi pilastri cilindrici. Tale portichetto si trova in dirittura del rosone antico (quindi spostato leggermente verso destra) e con i resti dell'abside trovati sotto il pavimento a 3/4 della navata centrale.


Fascia affrescata (1499) sul terzo arcone di sinistra con cinque scene della leggenda di Propezzano e, sui pennacchi l'Arcangelo Gabriele e l'Annunziata

La parte sinistra della facciata, pure a coronamento orizzontale, culmina anch'essa con una cornice sostenuta da archetti pensili intrecciati in laterizio. In basso si apre la splendida "porta santa" in corrispondenza della navata di sinistra, scolpita secondo la migliore tecnica dei lapicidi atriani.
L'interno della chiesa, a tre ampie navate, è coperto da volte a crociera su pilastri con due colonne incantonate, e termina in un transetto sopraelevato di alcuni gradini e separato dalle navate da pilastri cruciformi. La parte posteriore della chiesa, coincidente con il transetto, è rettilinea, secondo lo stile delle architetture atriane. Ci si ostina a considerare la chiesa di Santa Maria di Propezzano un edificio "gotico" (o, peggio, "romanico-gotico", che è una contraddizione), perché con questo termine si intende una tipologia del tutto diversa. Non è gotico neanche il Duomo di Atri, pur avendo al suo interno pilastri incantonati, alla moda cistercense, e archi acuti.


Il rosone trecentesco della facciata realizzato in laterizio



Il concetto di "gotico" si riferisce ad un diverso modo di concepire lo spazio rispetto al romanico, e alla conseguente tecnica costruttiva basata sulla struttura. L'edificio gotico è un "traliccio", un reticolo di forze autoportanti, che vengono riempite da vetrate e da luci. Fin quando tra un pilastro e l'altro vi sarà un muro, di pietra o di mattoni non importa, questo non può che essere un edificio di spazialità romanica.
L'annesso monastero benedettino, poi convento francescano, molto ampio, ha un chiostro pre-rinascimentale a due ordini, il superiore con arcatelle più basse e in numero doppio rispetto a quelle dell'ordine inferiore.
Il corredo artistico mobile, ormai irrimediabilmente disperso, doveva essere abbastanza ricco e prezioso, almeno a giudicare dalle testimonianze documentarie. Rimangono in loco solo alcune pitture murali: prima tra tutte la trecentesca lunetta, denominata "Madonna del crognale" che porta alla sua base una scritta in caratteri gotici culminante nella data (secondo la testimonianza del Palma) del 1285, ma ultimamente messa in discussione e reinterpretata come 1466, data che non collima affatto con lo stile della figura.
Alla stessa data deve riferirsi l'ampio testo scritto in latino e a caratteri pure gotici, che riporta il testo della leggenda. Altre pitture si trovano all'interno: sulla controfacciata una "Crocefissione" di scuola giottesco-marchigiana, gravitante attorno alla personalità del Maestro di Offida, operoso nel basso Piceno e nell'Abruzzo Adriatico (Canzano, Città S. Angelo, Campli, Penne, Teramo, Ronzano, Guardia Vomano) tra la seconda metà del 300 e i primi anni del secolo successivo.
Sul 3° soprarco di sinistra della navata centrale un ignoto artista, presunto seguace di Andrea Delitio, nel 1499 dipinse in cinque riquadri la leggenda di Propezzano, oltre che una "Annunciazione", con la Vergine e l'Angelo Nunziante posti nei due pennacchi dell'arco, la data e lo stemma degli Acquaviva, (leone rampante in campo d'oro).
E' un pittore dallo stile grezzo, influenzato probabilmente dalle miniature coeve per il suo rigido contornare le figure, con un grafismo quasi naif. Si è cercato disperatamente di dargli un nome, sfoderando teoremi che poco convincono, anche se appoggiati da somiglianze formali. Basti osservare la prospettiva sgangherata, l'insistere maniacale sui contorni reticolari dei mattoni o il paesaggio a rocce trachitiche di lontana imitazione delitiana (o padovana?).


Sulla facciata esterna del chiostro spicca una antica meridiana



Alla fine del secolo XVI il complesso, abbandonato già da tempo dai benedettini cassinesi, fu affidato a Fra' Giovanni di Calascio ministro Provinciale dei Minori Osservanti, che lo abbellirono con arredi nuovi, opere d'arte ed affreschi. E' del 1597 un secondo ciclo di affreschi, composto da sei lunette in uno dei lati lunghi della sala capitolare (refettorio?), che ripetono la leggenda dei tre arcivescovi, e sui lati corti, da una parte l'"Ultima Cena" affiancata dalla "Orazione dell'Orto" e dalla "Cattura di Cristo, e di fronte la "Crocefissione" affiancata dalle figure di S. Bernardino da Siena e da S. Francesco. Si tratta di un ciclo abbastanza coerente che documenta la penetrazione del linguaggio manieristico nell'Abruzzo Adriatico.
Un ultimo ciclo di affreschi, di estensione insolita per le nostre zone, si trova nel piano inferiore del chiostro: le 20 lunette di fronte alle arcate misurano cm. 240x360, e le 7 angolari cm. 240x300. Il ciclo è datato 1660 o 1666, e narra la Vita di Maria e di Cristo. IL ciclo iniziata dalla "Cacciata dal Paradiso", biblico antefatto per la mediazione mariana della Redenzione.
Il Palma attribuì il ciclo al solo pittore seicentesco che egli conosceva. Sebastiano Maiewskij: l'errore attributivo è stato ripetuto pedissequamente per quasi 150 anni. Solo nel 1984, Sofia Marcone, nella sua tesi di Laurea discussa a Urbino, su mio consiglio, si decise a negare vibratamente la paternità degli affreschi al pittore polacco per un duplice motivo. Dapprima quello stilistico, che non collimava con le opere note dell'artista, abbastanza primitivo e ritardatario rispetto alla cultura coeva: gli affreschi in questione, anche se condotti a più mani, appartengono ad un cultura barocca abbastanza coerente, legata a doppie fila con l'ambiente napoletano.
Il secondo motivo è quello cronologico: l'artista polacco, nato nel 1585 o poco dipresso, nel 1660 o 1666 doveva avere un'età troppo avanzata per affrontare un volume di lavoro così ingente. Lungi dal volere anticipare un lavoro più ampio, di cui il presente non è che una breve sintesi, in questa sede è sufficiente dire che il ciclo non può essere più dato al Maiewskij.
Quello che mortifica oggi l'insigne monumento è la improprietà del suo utilizzo. Le difficoltà di accesso al suo interno ed una insufficiente segnaletica fanno sì che pochi riescono nell'arco dell'anno a visitarlo, quando per la sua grandiosità gareggia con altri complessi artistici più "lanciati" e, in conseguenza, più gettonati della regione.


All'interno della chiesa si trova una lunetta che cela questa delicata Madonna con Bambino