In una squallida cameretta a pianterreno, nell'agro di Giulianova, vivono ancora una sorella di Primo Riccitelli con il marito Adolfo Caravelli, anche loro vittime delle ingiustizie sociali e che, forse per una strana fatalità, continuano la tragedia finanziaria dell'indimenticabile don Pancrazio. La tragedia di questo grande musicista che dopo di aver dato con il suo genio opere di elevata statura artistica, fu anche lui sacrificato dall'ignobile affarismo il quale purtroppo, è ancora sovrano anche nel campo dell'Arte.
E, ogni tanto, come ad un pellegrinaggio, mi reco nel Cimitero di Giulianova ove sono seppelliti nella nuda terra, i resti del compianto amico, per ravvivare il suo ricordo e rimembrare i momenti d'intensa spiritualità che la sua sublime musica suscitava in me.
Poi, nell'abitazione dei parenti, frugo, con commozione, fra le ultime carte rimaste, ormai tutta la musica che entusiasmò le folle dei Costanzi, dell'Opera dei Carcamo e di altri teatri non c'è più alla ricerca di qualche memoria inedita.
Ed ecco ai lettori la minuta di una lettera che Primo Riccitelli scrisse 57 anni fa al suo Maestro Pietro Mascagni.
Bellante, 27-VI-1904
Caro Maestro, domani è il suo compleanno ed io sento il dovere e più che il dovere il bisogno di augurarle tutto ciò che può augurarle l'animo devoto e riconoscente di un figlio. Quanto mi dispiace non poter essere domani vicino a Lei, mentre i bimbi accompagnati dalla mamma verranno a darle nel letto il bacio augurale portando in mano la lettera della sorellina lontana che avranno presa dal portiere. Ma, oltre ai figli, Lei ha anche i suoi allievi che non le vogliono meno bene che non chiedono altro che il permesso di poterlo chiamare padre. Difatti ricordo quando a Pesaro tutti i suoi allievi, riuniti nella mia cameretta ci struggevamo dall'ansia per inviarle il telegramma o la lettera. Era l'affetto e la venerazione quello che ci spingeva verso di Lei nostro amato Maestro, ed era una gara per noi quella di cercare le migliori parole per esprimere quello che l'animo di tutti sentiva. Spesso nascevano delle discussioni perchè ognuno voleva che la sua espressione fosse mantenuta ed io estensore sacrificavo forma e qualche volta il senso, facevo contenti tutti ed io stesso ero contento di questo sacrificio perchè vedevo lo stesso mio entusiasmo aleggiare nell'animo dei miei compagni. Oggi quel bel tempo è finito e noi, suoi allievi, siamo sbandati ognuno per la propria vita, però se i corpi son divisi, l'animo, ne son certo, è rimasto quello ed oggi forse, contemporaneamente alla mia, riceverà altre lettere o telegrammi dei miei compagni che le diranno in mille forme quello che non potevano farne a meno di dirle in una sola quando eravamo insieme.
Ed io son sicuro che i nostri auguri a Lei saranno graditissimi perchè partono dal cuore e da cuori devoti. Tante cosa alla gentile e buona Signora Lina, baci ai bimbi ed un bacio anche a Lei, Suo dev.mo aff.mo P. Riccitelli.
p.s. Andai a sentire la Manon a Teramo e trovai il Maestro Martino che la saluti tanto. I violinisti Cicognani e Caselli mi pregano d'interessarmi perchè vengano scritturati per l'Iris". CALOGERO ARATA
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