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COSTANTINO SCARSELLI, "Madonna Oretta" di Primo Riccitelli al Teatro Reale dell'Opera.
Ne "Il Solco", 7 febbraio 1932


Roma, 4 febbraio
Assistere ad un successo teatrale è sempre un piacere, ma quando riguarda un conterraneo è una soddisfazione inesprimibile, che sa di delirio, per quell'orgoglio che accomuna individui della stessa razza. Tale il momento di ieri sera. Il trionfo investì non solo la persona dell'autore, anima e corpo, ma tutti i numerosi abruzzesi, presenti nella sala, e poi l'intero uditorio, anche la mazza orchestrale, così fedele al gesto di Gabriele Santini, la cui vivace bacchetta ha recato un grande contributo alla riuscita dell'opera. Ancora una volta l'autore dei "Compagnacci" ha trovato l'ispirazione nelle produzioni di Giovacchino Forzano. Di questo singolare scrittore, che attinge i suoi drammi nel campo politico e patriottico, le commedie nella vita domestica e sociale di altre epoche. E nei primi come nelle seconde raggiunge una tale efficacia teatrale, che ne sgorgano facilmente libretti musicabili, come se nello scriverli l'autore abbia l'idea che prima o dopo un musicista vi porrà gli occhi addosso.
La trama della commedia è questa:
Atto I. L'azione ha luogo nel 1524 a Firenze nel retrobottega del mercante Luca del Benino. La moglie Madonna Oretta è fuori da molto, del che è seccatissimo Lando, il garzone innamorato. Nella strada è un gran vociare per motivi politici. Viene Biondella, la graziosa fantesca di Genovieffa, sedicente Contessa, amante del Conte di S. Gemignano, a scegliere una stoffa per la padrona, si ferma su un broccato reale e va a riferire alla Contessa. Oretta ritorna e narra che ha tardato per un incidente spiacevole della piazza: il popolo menava un povero speziale condannato alla pena dei falliti, un Cavaliere lo aveva salvato, offrendo di pagarne i debiti, il Conte Gherardi di S. Gemignano, per il quale Oretta non nasconde la sua ammirazione. Giunge il neo cavaliere Buonaccorso, che la invita alla festa per la imminente investitura di S. Giovanni. Ella lo prega di sceglierle l'abito, la scelta cade sul broccato reale, ma Luca avverte che è stato già impegnato per Genovieffa, la quale entra nel frattempo e questiona con Oretta per il broccato, ma deve cedere ed andarsene. Intanto giunge il Conte indignatissimo per la offesa, Oretta lo rassicura, è Genovieffa che lo ha esposto al disdoro; il Conte tristemente confronta l'inferno della sua casa con la pace della casa di Oretta, e nella massima espansione tenta di abbracciar questa, me ne è respinto. Qui avviene una scena d'incanto: Oretta fa nascondere il Conte, apre una finestra dove appare l'innamorato Buonaccorso che prega di allontanarsi, ne apre un'altra dove spunta Lando, che esorta nell'istessa maniera. Il Conte fuor di bussola esclama: la donna è Belzebù. Oretta gli assicura che Genovieffa lo sa ingannare alla stessa guisa, e per dargliene una prova lo incita a fingere di partire l'indomani per tornare inaspettato a mezzodì.
Atto 2. Si svolge nell'anticamera della stanza di Genovieffa a S. Gemignano. Dopo un lungo litigio per il broccato il Conte viene scacciato dall'alcova e costretto a dormire su una poltrona. Ma viene svegliato presto perchè deve partire. Uscito Lui, sopraggiunge il finto fratello di Oretta a portare alla Contessa il broccato d'oro. Biondella è mandata a chiamare le sarte per allestire l'abito, secondo le indicazioni dell'adolescente. Il quale, rimasto solo con la Contessa rivela che ha rubato il broccato, dopo avere assistito alla spiacevole scena del nascondiglio, dove la sorella lo aveva chiuso per punirlo di avere scritto versi d'amore. Genovieffa incuriosita lo invita a narrarle la sua prima avventura galante, il giovinetto dice di non averla ancora avuta. Ella è presa da impetuoso desiderio, ancora più dopo avere ascoltata la graziosa canzone, a Lei dedicata. E' conquista, cerca l'abbraccio, quando improvviso il Conte torna. Il giovinetto è nascosto, Genovieffa torna disinvolta, ma un forte rumore viene dalla camera vicina, il dubbio si affaccia, Genovieffa confessa che v'è un uomo, il Conte in bestia la scaccia con la spada. Ma poi passa ad un finto gaudio, e appena giungono le cucitrici chiamate da Genovieffa si abbandona fra loro allo scherzo e a smodata allegria.
Atto 3. Fiesole nell'osteria della Ghiandaia. Una folla di avventori discute della burla di Oretta, chi la crede fuggita, chi ferita; giunge Mastro Luca a rassicurare e a preparare vivande saporite. Poco dopo un ciuco arriva Oretta, che mette in chiaro i particolari della burla. Compaioni intanto i due innamorati Lando e Buonaccorso, che Oretta bellamente riesce a sbarazzare con dolcezze miste a sarcasmi. Mentre la folla dell'interno dell'osteria canta il Calendimaggio, giunge il Conte fra le cucitrici. Egli fa lo scettico sull'amore, Oretta arde invece di passione e inscena un tentativo di suicidio con lo spillone. Si giurano allora di ritrovarsi solo la sera dopo. Luca annunzia che il porchetto è pronto, Oretta dice che c'è il Conte di S. Gemignano, al quale Luca esclama con grande riverenza: "che onor per la bottega". Tornano le brigate, Oretta narra la burla e conclude con il capriccio d'uno stornello, cui festosamente fanno eco i numerosi allegroni.

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L'opera si apre con un breve efficace preludio, seguono le smanie di Lando innamorato con accenti orchestrali e scatti assai appropriati.
Il racconto che Oretta fa del caso dello speziale ha il drammatico nel comico, l'orchestra segue con accordi a strappi, suscitando un'ansia progressiva verso la soluzione, che per fortuna è felice.
E' caratteristico il duetto di Oretta con Lando, adornato di frasi melate e ammonitrici.
Il duetto di Buonaccorso con Oretta è assai melodico ed elegante.
Segue il bisticcio di Oretta con Genovieffa, nel quale l'orchestra con i contrasti armonici, con imitazioni, con sovrapposizioni di gruppi e giuochi strumentali riesce a trasportare l'uditorio in un vero orgasmo per come la lite possa risolversi. E' musica verista per eccellenza, mentre è comicissimo il terzetto scenico tra le due dame e il mercante.
Segue la forte apostrofe del Conte ad Oretta, per l'offesa ricevuta. Qui il tenore riesce ad essere terribile, è un declamato molto energico, che l'orchestra commenta passo per passo. Ma poi la dolcezza di accenti di Oretta, la sua abilità persuasiva, che insinua con frasi carezzose e seducenti, trasforma pian piano il contrasto in un colloquio d'amore. Il duetto è del vero tipo romantico; Gherardi confessa la sua vita, è un'alternativa di melodie appassionate che raggiungono il massimo lirismo.
Segue il quartetto fra Oretta il Conte, Lando e il Cavaliere Buonaccorso, disposti comicamente in quattro punti equidistanti. Qui il ritmo prevale, l'effetto è raggiunto, sembra uno di quei finali di opera antica, il cui successo non mancava mai.
Il 2. atto si inizia con un piccolo preludio, in cui risaltano un assolo per violino ed un assolo di viola che poi passa in pieno ai violoncelli. Interessante l'agitazione del Conte, con commento continuo dell'orchestra. Quel che sostiene poi tutto l'atto è il lungo duetto fra Genovieffa e il finto adolescente; bella la dichiarazione di questo, graziosa l'alternativa musicale del colloquio, che l'orchestra commenta di continuo; insinuante la scena della seduzione, magnifica la canzone del giovinetto, tipo classico, che culmina in un acuto dolcissimo.
Assai comico il ritorno del Conte, che si adira prima e minaccia, si sbalordisce poi, e ride.
L'atto finisce con una specie di settimino, ballato in tempo di Valzer dalle cucitrici, con in mezzo il Conte; è molto grazioso e caratteristico nella sua comicità.
L'atto 3. comincia con i cori alternati dei gruppi di avventori, che si affannano sui particolari della burla di Oretta. Sono semplici, a tipo quasi campestre, assai bene armonizzati.
In questo atto tornano dei temi già noti, più spesso il tema principale del 1. atto.
Il Conte fa lo scettico con Oretta a mezzo di stornelli sull'amore.
E se ne va con le cucitrici cantando. Poi ritorna mentre Oretta sconfortata si duole dell'amore non ricambiato con un tipo di elegia assai significativa.
Segue il duetto d'amore che è un'ultima alzata di ala melodica di grande importanza nel grande edificio dell'opera; finisce con grande effetto nell'acuto all'unisono del tipo melodrammatico moderno.
Tornano le comitive che intonano l'ultimo coro di tripudio ed Oretta a piena voce lancia il suo stornello di occasione.

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Di fronte a tanti pregi, a tante gemme, a tante melodie, come poteva l'uditorio restare indifferente e non esplodere, talvolta a scena aperta, e veramente alla fine di ogni atto, in uno di quegli entusiasmi, che delineano a tutta prova il successo di un'opera?.

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Dando ora uno sguardo di assieme al lavoro, bisogna definirlo un panorama melodico, interrotto più volte per esigenze della commedia, da declamati comici e da recitativi, anche senza orchestra.
Esposizione melodica, tenuta specialmente dall'orchestra, in una serie di commenti, che non hanno bisogno di grande giuoco contrapuntistico, di grande contrasto strumentale, ma che, partendo da spunti semplici, si sviluppano armonicamente secondo una tecnica ricca e moderna, ma chiara, limpida. Il pubblico comprende e gode, percepisce le varie bellezze con voluttà e non s'affatica nell'afferrarle e seguirne la successione.
E' questo che si desidera da un popolo romantico e canoro come il nostro. Qui si vuol cantare con qualunque forma e con qualunque tecnica, si vuol cantare, si desidera che la scaturigine melodica, che è così facile e spontanea nell'anima italiana, non abbia impacci ed ostacoli in formalismi involuti e contorti.
I pieni orchestrali, i passi sinfonici della "Madonna Oretta" quanto sentimento racchiudono, talvolta nascondono una tristezza nostalgica, che dev'essere nell'anima dell'autore; al musicista accade come al poeta, alcuni versi sfuggiti ne rivelano gl'interni affanni.
Anche Riccitelli ne ha avuti, l'arte ne è quasi sempre piena; ma io penso: benedetti quegli affanni, sante quelle ansie, se han dato il tenace incentivo a lottare a sperare a resistere per arrivare alle alte mète, che oggi esaltiamo.
Per Primo Riccitelli ci sorge spontaneo dal petto l'augurio di sempre maggiori trionfi, e il nostro voto è tanto più schietto, in quanto è rivolto ad un figlio del generoso Abruzzo..
Che questo popolo abbia sempre a brillare nella sua terra bella e ridente, baciata da Dio, per i suoi Geni dell'Arte e della Poesia, per i suoi Geni votati al culto sacro della Patria..

Costantino Scarselli.

Il successo riportato dal nostro camerata Maestro Primo Riccitelli, nel massimo Teatro della Capitale, con la rappresentazione di "Madonna Oretta" fu partecipato al nostro Direttore la notte del 3 corr. a mezzo di comunicazione telefonica della Redazione del Giornale "Il Messaggero".
La notizia attesa con molta ansietà produsse in tutti gli ambienti cittadini il più schietto e il più vivo entusiasmo.
Affettuosi telegrammi di compiacimenti, furono, quindi, inviati all'esimio e geniale compositore dal Podestà on. Savini e dal vice Podestà rag. Villani, dal Segretario Federale avv. Pirocchi, dal Console on. Forti, dal Preside della Provincia comm. Flajani, dall'ing. Pannella, vice Segretario del Fascio di Teramo, dal nostro Direttore, dall'Istituto Musciale "Gaetano Braga", da Associazioni, Enti, cittadini numerosissimi.
Madonna Oretta sarà ancora ripetuta e noi siamo sicuri che ogni più bel successo le sarà riconfermato.
Al camerata Riccitelli, pertanto, rinnoviamo i nostri fraterni auguri di sempre maggiori trionfi.