L'alluvione di Silvi del 1936
Destinata a lasciare un profondo ricordo nella popolazione silvarola fu l'inondazione che si verificò all'altezza del torrente Piomba nel Natale del 1936 e di cui "Il Giornale d'Italia" del 28 dicembre diede un ampio resoconto. Preceduta dal ciclone del 12 novembre che aveva colpito la costa marchigiana ed abruzzese causando danni e morti e da un lungo periodo di siccità, giunse l'acqua tanto desiderata dai contadini che temevano la compromissione dell'annata agricola.
Dopo due giorni di pioggia abbondante, la temperatura da rigida era diventata improvvisamente mite nella giornata del 23 dicembre, e la pioggia era molto cresciuta d'intensità fino a diventare nella notte tra il 23 ed il 24 di "intensità alluvionale". Improvvisamente alle quattro del mattino il torrente Piomba "già ingrossato dalle raccolte montane, ha straripato, inondando paurosamente tutta la pianura di Silvi. La rottura è avvenuta quasi contemporaneamente su le due sponde, e nel medesimo punto, onde anche la zona opposta di Montesilvano, compresa tra il Piomba ed il torrente Salino è rimasta allagata".
Miracolosamente non si registrarono vittime, ma i danni furono ingentissimi: bestiame affogato nelle stalle, distruzione completa della semina nei campi, vigneti letteralmente strappati dalla furia delle acque, case sommerse dall'acqua (ed alcune crollate) per un'altezza che in alcuni punti raggiunse i tre metri, distruggendo "mobili, suppellettili, la biancheria e gli abiti, tutto quanto costituiva il patrimonio personale di queste modeste famiglie di lavoratori". Essendo stata l'inondazione improvvisa non è stato possibile procedere ad una evacuazione degli abitanti che si sono ritrovati circondati dall'acqua, "che hanno potuto salvarsi nei secondi piani delle case, o sui tetti di quelle ad un piano solo, mentre il bestiame periva nelle stalle".
Anche la ferrovia "ha subito danni enormi per due falle apertesi nel terrapieno sostenente la via ferrata. Le rotaie sospese nel vuoto, mostrano sotto di esse due ampie voragini per cui hanno defluito le acque. L'interruzione si estende per oltre cento metri". Grazie alla vigilanza disposta già da alcune ore dalle Ferrovie di Pescara è stata evitata una tragedia, essendo che nel momento in cui il terrapieno iniziava a cedere il sorvegliante Giuseppe Baldassarre agitando la bandiera rossa andava incontro al treno che giungeva, che aveva già passato il ponte del Piomba, e riuscendo ad arrestarlo a pochi metri del punto in cui si aprì la voragine: "i viaggiatori, scesi dal treno, guardarono e compresero atterriti".
Le operazioni di salvataggio delle famiglie (si dovettero sistemare circa un centinaio di famiglie rimaste senza tetto) e del ripristino della linea ferroviaria vennero avviate dal Podestà Tommaso De Rosa che avvertì prontamente la Prefettura di Teramo e videro l'intervento di una truppa della Divisione Militare di Chieti, di due batterie di Artiglieria da Pescara e i militi del Manipolo di Silvi Alta al comando del segretario politico dottor Guido Bindi. Si distinse in particolare la guardia comunale Serafini che riuscì a salvare dall'annegamento un bambino di tre anni.
Numerose furono le autorità che si portarono da Teramo a Silvi: il Prefetto Vitzel, il Maggiore dei Carabinieri, l'Ispettore Capo del Genio Civile ed il Commissario di P.S. Angelucci. Da Pescara giunsero il Vice Podestà Lippi, il Questore Berardinelli e il Comandante del 5. Artiglieria Contro Aerei Modugno accompagnato dal tenente colonnello Scarienzi. Da Chieti giunse il generale Bollati comandante la Divisione Militare accompagnato dal suo capo di S.M.
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