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[ Niccola Palma - Storia di Teramo - Indice del volume 1 in formato immagine ]


Storia di Teramo – Niccola Palma (capitolo curato da Sandra Crisciotti)

 

CAPITOLO   IV.

Fiumi dell' Agro Pretuziano, e suoi confini. 



Questi due oggetti hanno nel caso nostro tale connessione fra loro, che non è possibile separarli. Di entrambi ha scritto maestrevolmente il Sig. Delfico nell' Interamnia Pretuzia, cosicchè poco o nulla vi ha ad aggiungere alle sue profonde riflessioni.  Che l'Agro Pretuziano terminasse a Levante col Mare Superiore o Adriatico, ed a Ponente coi Sabini, mercè la principale catena degli Appennini: non è da mettersi in dubbio. E' anche facile determinare il confine Australe nella corrente del Vomano. Richiamiamo il primo de' due tratti di Plinio, trascritti nel cap. II. Tenuere (Picentes) ab Aterno amne, ubi nunc Ager, Adrianus, et Hadria colonia, a mari VII. milIia passuum. Flumen Vomanum: Ager Praetutianus, Palmensisque: Item Castrum novum, flumen Batinum, Truentum ec. Flumina Albulate, Suinum, Helvinum, quo finitur Praetutiana Regio, et Picentium incipit (A). Non vi sia chi accusi Plinio di contraddizione dal perché sulle prime estenda il Piceno fino all' Aterno, oggi Pescara, e poscia il ristringa sino al fiume Helvino; imperocchè egli scrisse dopo la divisione dell'Italia fatta da Augusto, in virtù della quale gli Agri Atriano, Pretuziano, e Palmense vennero compresi nel Piceno. Intese dunque in pochi tratti contrassegnare l'attuale estensione del Piceno sino al fiume Aterno, e ricordare la primiera, ed ancora fresca restrizione del Piceno propriamente detto al fiume Helvino. Quindi quasi che volesse rammentare l'ampiezza dell'Agro Atriano sulla costa, dall'Aterno al Vomano, fissa flumen Vomanum immediatamente prima di fare un cenno dell’Agro Pretuziano. E' molto probabile ancora che la divisione di Augusto non si fosse mai posta in opera, come alcuni saggiamente deducono dal non farsene menzione da Pomponio Mela. Essa fu una divisione piuttosto geografica che politica, dall'Imperatore ordinata per suo uso: ed il nostro vecchio Geografo adottandola, non potè dispensarsi dal ricordare le forme civili al suo tempo tuttavia esistenti. Se si perda di vista il principio che gli Agri Pretuziano, Palmense (o per dir meglio Pinnense) ed Atriano in un senso sì, ed in un altro no, avean fatta parte del Piceno; troverassi in contraddizione con se stesso anche Strabone, il quale nel lib. 5. scrisse: Longitudo Piceni ab Aesi amne adusque Castrum novum (B), più esattamente avrebbe detto adusque Helvinum, juxta littus maris, stadia colligit DCCC. (c) ed indi a poco: In littore est Aternum Piceno conterminum (D). Abbiamo altro indizio che le sinistre sponde del Vomano fossero parti integranti dell'agro Pretuziano nella denominazione della vetusta Chiesa, ancor aperta al culto, di S. Maria ad Praetutianum, corrottamente chiamata a Propezzano, sul territorio di Morro, non lungi dal Vomano. Qu esto divideva dalle sue sorgenti per lungo tratto i Pretuziani dai Vestini-Pinnensi: in seguito, e sino alla foce, separavali dagli Atriani. Nella stessa maniera che Plinio, quasi per una connessione d’idee, congiunge Atri al Vomano; li unisce pur anche Silio Italico (Lib.15)

Stat fucare colus, nec Sidone vilior Ancon

Murice nec Libyco, statque humectata Vomano

Hadria, et inclemens hirsuti signifer Ascli (E).




Fa lo stesso Strabone (Lib. 5) descrivendo il Piceno: Tum Truentinus amnis, ejusdemque nominis Urbs, Castrum novum, inde Matrinus fluvius ab Hadrzianorurn urbe profluens, et navale Hadriae, nomine secum conveniens.  Et mox ad ipsum mare sunt Aternum Piceno confine, ejusdemque nominis flumen, quod Vestinos a Marruccinis dirimit. Flit enim ex Agro Amiternino ec. (F). Quindi giudiziosamente conchiuse il Volaterrano (Geogr. 1. 4.) non essere il Matrino, come lo chiama anche Tolomeo (Lib. 3.): Marruccinorum Aterni amnis ostia. Hinc Picenorum Castrum, Cupramarittima, Truenti amnis ostia (G): o Macrino, secondo hanno alcune edizioni della tavola Augustana pubblicata dal Peuntiger, un fiume diverso dal Vomano. In fatti quelli fra i citati antichi Autori, i quali parlano del Vomano, non fanno motto del Macrino, e vice versa. Intanto non pochi ma lontani moderni Geografi han creduto che il Macrino sia identico alla Piomba: malamente però, giacchè quel piccolo fiume non poteva meritare di essere segnalato da Strabone, da Tolomeo, e dall’Autore della tavola, a preferenza del Vomano, il quale sarebbe stato trascurato: e nella povertà delle sue acque non avrebbe potuto servire ad un emporio. Opina il Delfico che Macrino sia il nome dato dagli Etruschi, e Vomano o Umano (come comunemente si appella) dai Romani ad un solo, e medesimo fiume: il che assai eruditamente conferma con ragioni etimologiche. Intanto non pochi ma lontani moderni Geografi han creduto che il Macrino sia identico alla Piomba: malamente però, giacchè quel piccolo fiume non poteva meritare di essere segnalato da Strabone, da Tolomeo, e dall’Autore della tavola, a preferenza del Vomano, il quale sarebbe stato trascurato: e nella povertà delle sue acque non avrebbe potuto servire ad un emporio. Opina il Delfico che Macrino sia il nome dato dagli Etruschi, e Vomano o Umano (come comunemente si appella) dai Romani ad un solo, e medesimo fiume: il che assai eruditamente conferma con ragioni etimologiche. Aggiungerò che di un Porto sul Vomano (corrotto in Comano, e Gomano) abbiamo sicure notizie nel diploma di Ugone, e

Lotario Re d'Italia, dell'anno 942. ed in altri documenti de' bassi tempi, che saranno riportati a loro luogo; laddove niuno potrà citarsene d'un emporio sulla Piomba. Seguendo con Plinio il viaggio da mezzodì a tramontana, il primo fiume col quale c'imbatteremo, dopo il Vomano, sarà il Batino, accantto a Castronovo. Esso è dunque fuor di contrasto il Tordino, che appunto or bagna le rovine di detta Città: e cosi l’intesero Cluerio (1. 2. cap. 12.) e Camarra (de Teat. ant. p. 41 )L'aver Plinio nominato Castro lo ha fatto trascorrere a nominare un' altra Città, cioè Truento. Ma ripigliando tantosto Ia rassegna de’ fiumi, prosegue: Flumina Albulates, Suinum, Helvinum, quo finitur Praetutiana regio, et Picentium incipit (H): dalle quali ultime parole chiaro si scorge ch'ei torna di lancio al Batino, per poi ripigliare la corsa al settentrione, ove solo poteva, e doveva finire la Regione Pretuziana, e cominciare il Piceno. Or questo: Albulate, o Albulata, connessa in qualche modo col Batino, altro non può essere che Vezzola, fiume non indifferente, e che confonde le sue acque col Tordino al di sotto di Teramo. Delfico ne assegna tre ragioni. La prima, che poté darsi tal  nome all’odierna Vezzola pel colore spesso bianchiccio delle sue acque, derivante dalle terre seleniose, per le quali trascorre. E veramente anche il Biondo (Reg. Aprut.) tuttochè equivocasse sull’identità dell’Albulate, avendo creduto, come la maggior parte dei poco informati Scrittori, lo stesso che la Ubrata, per la sola somiglianza della desinenza; pure opinò che dalla bianchezza delle acque avesse tratta  la denominazione. Cluerio (l. c.) riprese chi in vece di Albulate in Plinio leggeva Albula, antico nome del Tevere. La seconda, perché la Chiesa antichissima di S. Paolo in Torricella, vicino Vezzola, è denominata nella Bolla di Anastasio IV. (che si darà in seguito) in Ablata: ed io osservo che, nello stesso Comune di Torricella, una contrada, accosto Vezzola, ritiene ancora il nome di Lalevata: e che in un istrumento de’ 22. Ottobre 1423. esistente nell'Archivio delle Monache di S. Giovanni, un molino posto sulla Vezzola nel tenimento di Terra Morricana, feudo allora di Obbizzone, ed Ardizzone di Carrara, venne detto in contrada di Lalenata: tre nomi corrotti di Albulata. La terza finalmente «perché non deve credersi, che un fiume, il quale bagnava le mura di una Colonia Romana, e del quale dovea farsi frequente menzione, potesse restar senza nome». Sbrigatosi del Batino, e dell’Albulate, dovea Plinio incontrar poco dopo, come di fatti incontrò Salino. Nelle edizioni leggesi comunemente Suinum: ma io credo che Plinio scrisse Salinum, e sarà questa una delle innumerabili aIterazioni di nomi, cui i libri degli Antichi, specialmente Geografi e Storici, tra le mai de’ Copisti per tanti Secoli, han dovuto soggiacere. In una donazione del 1021. riferita dal Gattola (de Orig. et progr. Iurisd. Monast. Cass., p. 108) vien chiamato Saline. In un' altra del 1023. data in luce dallo stesso Scrittore (Hist. Cass. p. 316.) Salinus. L'inopportuna diminuzione, che taluni han voluta dare al nome del nostro fiume, col chiamarlo Salinello, onde contraddistin guerlo da un altro Salino, che si perde nel mare cinque miglia al di quà dell’Aterno, distanza che pur segna col nome Salinas la Tavola Peutingeriana, ha fatto cader Cluerio (l. c.) nell'errore di credere quello il Suinum, ed il nostro l'Helvinum di Plinio, ad onta dell'ordine naturale, che questi osserva nella sua enumerazione. I nostri Maggiori non temerono imbarazzarsi, dando lo stesso nome a due fiumi così lontani fra loro. Quello che scorre nel nostro Agro, sorge negli Appennini, dal Monte detto della Farina, e dopo essersi

rotto fra le balze della Macchia, esce per la gola, che separa la Montagna di Civitella da quella di Campli, intersecando prima il territorio dell'una, poscia dell'altra Città nelle pertinenze di Floriano, per poi dividere i tenimenti di S. Omero, e di Tortoreto da quelli di Bellante, e di Montone. Prendeva da esso la denominazione un Castello mentovato nella citata donazione del 1021. ed in un Diploma di Errico di Svevia del 1191. da riferirsi altrove. L'altro Salino, che va a perdersi nell'Adriatico al Sirocco di Città S. Angelo, non vanta che il corso di quattro miglia, risultando dall'unione delle riviere Tavo, e Fino. Fu mentovato in una donazione fatta ai Cassinesi, ed al Monastero veati S. Martini, qui situm est in Comitatu Pinnense ad ipsa insula de Saline juxta mare (I), da Attone  figlio di Gisuno, nel 1058. (Gattol. Hist. Cass. p. 314 et 315.): e comunicò parimenti il nome ad un Castello o Casale, che fu oggetto di transazione fra i Cassinesi, e Rambodo Conte di Penne, nel 1148. regnante piissimo Roggerìo Rege Siciliae (L), conchiusa presso S. Scolastica in Tabe (Ibid.). E qui resister non so alla tentazione di azzardare alla critica degli Eruditi un mio divisamento, il quale, se mai si trovasse giusto, assicurerebbe al nostro Agro il disavventurato onore di essere stato per qualche tempo il teatro di una delle più pericolose guerre, che avesse a sostenere la Romana Repubblica, e sanzionerebbe la mia congettura sul vetusto nome Salinum. Narrando Plutarco (in M. Crass. ex interpr. Guarini Veronen.) la congiura, e la fuga de servi gladiatori da Capua, le misure, che preser tosto che giunsero ad occupare una situazione vantaggiosa, l’elezione dell’astuto ed intrepido Spartaco in supremo condottiere, l'ingrossamento del loro numero, e la facilità ch'ebbero di provvedersi di armi dai paesi, che invasero; prosiegue: Adversus eos cum  tribus millibus armatorum Clodius missus Imperator in monte quodan asperrimo deprehensos obsedit. Erat mons undique vastis, atque abruptis rupibus septus, in quem una tantum ex parte pervius aditus, atque is satis angustus patebat (M). Lusingossi Clodio di mettere al dovere gli ammutinati schiavi col tener guardata questa gola, che io mi figuro quella fra i Monti di Campli, e di Civitella; giacché reliqua, ut dictum est, abscissae rupes ac praecipites claudebant (N), com'è il gruppo delle aspre montagne di Macchia e di Valle Castellana. Verum qui obsessi erant, cum jam acrius necessitate rerum omnium praemerentur (O), accadere altrimenti poteva in quegli sterili siti; trovarono il modo di calar dai dirupi, e preso C1odio improvvisamente alle spalle, lo costrinsero a fuggire. Hujus (P) victoriae fama vulgata, multi ad Spartacum undique ex agris confluxere pastores, bubulici, viri audaces ac celeres, e quibus alilquot Spartacus armis instructos in milites elegit, quosdam vero inermes et expeditos ad proecursandum esse voluit. Romani interea P. Varenum secundum, adversus Spartacum imperatorem fecere, cujus Legatum Furium cum duobus millibus armatorum proficiscentem aggressi hostes in fugam verterunt. In de Cossinium alterum Legatum majoribus copiis contra se missum observans Spartacus, quod se apud SALINAS plerumque lavare consueverat, non multum abfuit quin vivum, atque inermem caperet: cumque exercitum deducens incolumis vix periculum evadere potuisset, hostes impedimentis omnibus sunt potiti. Inde Spartacus fugientem exercitum prosecutus, magnam stragem intulit. Ipse etiam Cossinius in ea pugna occisus est. Gonfj per questi ed altri felici successi, lasciarono i monti i Gladiatori, e senza voler cedere al saggio consiglio di Spartaco, mediam pervadentes Italiam, incendiis, et populationibus cuncta vastarunt (Q)Si sparse allora in Roma il terrore, onde tanquam ad maximum, et difficillimum bellum Consules ambos proficisci (Patres) decrevere (R). Non è del mio istituto il tener dietro agli ulteriori eventi di quella famosa guerra. Soggiungerò soltanto che le località cennate da Plutarco convengono a meraviglia, col nostro Salino (1), nè possono in conto alcuno adattarsi all'altro, il quale scorre in aperte e deliziose campagne; e che degli stessi precisi siti han saputo profittare ugualmente, in tempi a noi più vicini, taluni eredi dello spirito sedizioso di quei Galati, e Traci. Ma io vado avanti nel mio opinare. Ond'è che nei codici di Plinio osservati dall'Arduino, in vece di Suinum, trovisi Tervium: e nei tre della biblioteca regale, riscontrati da Delfico, pur si taccia il Suinum, e con varia lezione portisi il Tervium? Giudico che debba leggersi Servium: poichè narra il Cronista di Carpineto, scrittore contemporaneo (Lib. 6.) che mentre Papa Lucio III. recavasi in Lombardia per abboccarsi coll'Imper atore Federico I. ed in conseguenza nell'anno 1184; fu l'Abbate Boamondo Apostolico mandato citatus ut interesset Curiae suae (s). Probabilmente allor ch'erasi Boamondo avviato per Lombardìa, egli, ed il suo contraddittore Oddone, Vescovo di Penne, congressi sunt apud Salinum Servium (T). Dal che puossi dedurre che Salino siasi anche chiamato Servium: e ch' essendosi Plinio servito d'uno de' due nomi, qualche amanuense abbiasi presa la libertà di sostituir l'altro. Intanto donde potè desumere Salino la denominazione Servium? Non saprebbe assegnarsi derivazione più plausibile che dall'essere stato quel fiume per qualche tempo il teatro della strepitosa guerra, e dirò così il primo quartier generale de' sollevati Servi. Tra i fiumi numerati da Plinio altro non ci rimane a riconoscere che l'Elvino, il quale necessariamente esser debbe la Ubrata, ultimo de' nostri fiumi a tramontana, ossia verso il Piceno. Nè tale determinazione è unicamente fondata a quell'argomentazione, che in Logica dicesi Induzione, ma sull'autorità altresì della Carta Peutingeriana. In quella delineata dal ch. Bergier (Hist. des Gran. Chem. de l’Emp. Rom.) vedesi sboccar nel mare fra Castro Novo, e Castro Truentino (detto erroneamente Trentino) un fiume col nome di Nerninum: che con minore inesattezza vien segnato Herninum nell'edizione della stessa carta, eseguita in Vienna da de Scheyd nel 1753. E quasi si volesse indicare, che l' Herninum fosse il confine meridionale de’ Piceni, la parola Picenum scorgesi interamente scritta al di sopra di quel fiume. Senza dunque tener conto della piccolissima differenza tra Herninum ed Helvinum, sul riflesso delle continue alterazioni de' nomi proprj, che la carta di Peutingero presenta; possiamo tener di sicuro, che l'Herninum della carta sia identico all' Helvinum di Plinio, ed all'odierna Ubrata, nella quale finitur Praetutiana Regio, et Picentium incipit (U). Sembrami scioccamente ricercata l'opinione di Alessandro di Andrea (de bell. serm. < font size=4>2.) e di altri, i quali hanno attribuito il nome di Vibrata, e secondo essi di Viperata al serpeggiamento, e rapidità delle sue acque; tanto più che non si verifica nè l'uno, nè l'altra. Il nome volgare è Ubrata, e tale pur fu quello de' bassi tempi. Debbo per altro io quì in onor del vero osservare, che l'Elvino, o Ubrata, segnò bensì il confine settentrionale dell'Agro Pretuziano, non già però lungo tutta la sua corrente. Hanno sommi uomini osservato che la prima circoscrizione delle Diocesi Vescovili si adattò perfettamente alle antiche divisioni politiche territoriali, dalle quali nemmeno si dipartirono gran fatto le Contee sorte nel governo de' Longobardi. Or sotto ambidue i rapporti, ma specialmente sotto al primo, men soggetto a variazioni, i Villaggi delle montagne al di là da Salino, quella parte del territorio di Civitella, la quale rimane sulla sponda sinistra dello stesso fiume, non meno che Faraone e S. Egidio, trovaronsi soggetti ad Ascoli, come rileveremo in seguito, specialmente dalle memorie del Monastero di Montesanto; laddove furono, e sono sottoposti a Teramo S. Omero e Tortoreto, siti fra Salino e la Ubrata. Dal che hassi a conchiudere, che dagli Appennini sino a Carrufo, Salino e non la Ubrata marcasse i limiti tra l'Agro Pretuziano, e l'Ascolano. In questo senso andranno assoluti da errore parecchi rispettabili Scrittori esteri e patrj, i quali hanno assegnato Salino per divisore: com'è tra i primi l’Ab. Micali nella sua tanto applaudita Opera l'Italia avanti il dominio de' Romani, ed è il Bossi: e fra i secondi il Brunetti (lib. 2. p. 27.). Fu da Carrufo sino al mare che il corso dell'Elvino servì di limite ai Pretuziani, separandoli dai Truentini. Dappoichè Truento Città di considerazione, e Colonia Romana aver dovea la sua pertica, e l’ebbe di fatti parte di quà e parte di là dal Tronto, fra l'Elvino ed il Tesino (altro fiume che scorre fra S. Benedetto e le Grotte) il quale divise il territorio Truentino da quello di Cupra. Il P. Vicioni (Ripatrans. sorta etc.) da una lapide, trovata nel 1816. ad un miglio da Monte Prandone, inferì che il tenimento di quella Terra avesse fatta parte dell'antico agro di Truento:

 

T. BVXVRIVS. T. F.

TRVENTlNES. QVIE

COINOMN. TRACAEC

ARTE. TECTA. SALVE (2)


Il Sig. Giuseppe del Re, tanto nella Descrizione de' Regali Dominj di quà dal Faro, quanto nella carta topografica antica de' medesimi, l'una e l'altra venuta in quest' anno 1830. alla luce, ha creduto che il territorio di Truento corrispondesse all' Agro Palmense, rammentato da Plinio, sbagliando però nel supporto limitato al Nord dal corso del Tronto. Tale opinione acquisterebbe peso se potessimo sapere che Castrum Palmae, uno de’ possessi in Comitatu Aprutiensi confermati al Monastero di S. Gio. in Venere, ai 2. Dicembre 1204. da Innocenzo III. fosse sito di là dalla Ubrata. Ma del Castello Palma nè anche al tempo di Brunetti (Ibid.) si discernevano i vestigj: ed è a fare gran caso del sentimento di Flavio Biondo (It. ill. rag. 12.) il quale sostituisce Pinnense alla comune lezione Palmense di Plinio: sentimento che il Delfico (Int. Praet. cap. 4.) trovò assai plausibile. Se i Siculi (io rifletto) tennero, fra gli altri, l'Agro Palmense, giusta l'espressa testimonianza di Plinio: e se eglino non si stabilirono in Truento, rimasto Liburnico fino all'età del Geografo, laddove si stabilirono nell' Agro Pinnense, e fuor di contrasto nella parte sua montuosa; evvi una doppia ragione per credere l'Agro Palmense diverso dal Truentino, ed identico al Pinnense. Facciasi per un momento l'opposta ipotesi, ed allora Plinio non avrebbe scritto che il Piceno propriamente detto, ed antico, cominciava quo finitur Praetutiana regio; poichè i Truentini erano più settentrionali de' Pretuziani. Queste ed altre riflessioni m'inducono a credere che i Vestini Cis-Appennini di buon' ora rimanessero separati dai loro Connazionali Trans-Appennini: e che le vicende de' primi collegate si fossero a quelle dei Pretuziani e degli Atriani, loro conterminali. Non sarà in fine discaro ai Lettori, il sapere cosa abbiano detto circa i confini, e la sorte de' Pretuziani i due esteri, poco fa citati, moderni chiarissimi Scrittori. «Il loro montuoso, e quasi inaccessibile paese par che fosse ristretto dentro breve spazio tra i due fiumi Vomano, e Salinello, ove occupavano per luogo capitale Interamnia. Con tutto ciò formava quella oscura Società una Repubblica indipendente, la quale involta nelle vicende dai popoli confinanti, fu astretta di seguire costantemente il corso della lor fortuna ». Così il Micali. «Il paese de' Pretuzj finiva a Tervio, ove cominciava il Piceno propriamente detto... Cade pure la menzione di Pretuziani, o Pretuzj, compresi nel Piceno dalla parte di mezzodì, il di cui non vasto territorio ristretto era in luoghi montuosi, e poco accessibili, tra i fiumi Vomano e Salinello, ove era posta Interamnia, che ora si crede Teramo nell'Abruzzo superiore. Questi pure formarono al tempo de' primi Piceni una Repubblica indipendente. Sulla Interamnia Pretuzia ha scritto assai dottamente il celebre Melchiorre Delfico» (Corrige Gio. Berardino). Così il Bossi (Lib. 1. cap. 2. et 10) il quale dovè avere sott'occhio uno di quei codici di Plinio, ove in vece di Suinum leggesi Tervium.




note Tercas omesse


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(1) V. SAVORINI, in N. PALMA, Storia ecclesiastica etc., Teramo, 1890, I, pag. 47, n. 1: «L'ipotesi è totalmente destituita di fondamento storico ... Il fatto d'arme ... che il Palma fantastica avvenuto tra Campli e Civitella, fu invece, alle falde del Vesuvio ... L'Apud Salinas di Plutarco adunque non significa presso Salino, ma ... presso le Saline ... ».

(2) T(itus) Buxurius T(iti) /(ilius) / Truentine(nsis) quie(scit) / coi nomn tracalo / arte tecta salve.

L'interpretazione è del Mommsen: si parla di Tito Bussurio, di Truento (ci si riferisce ad una società di tintori di porpora). - C.I.L., IX, 5279.