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[ Niccola Palma - Storia di Teramo - Indice del volume 1 in formato immagine ]


Storia di Teramo – Niccola Palma (capitolo curato da Federico Adamoli)

 

CAPITOLO   V.

D'Interamnia, Capoluogo de' Pretuziani.

Convengono i Filologi che la forma di governo delle piccole Nazioni Italiane, prima del loro assoggettamento ai Romani, generalmente parlando, sia stata la Repubblicana: e de' Pretuziani lo dicono espressamente il Micali ed il Bossi. Or che di tale Repubblica Interamnia fosse la Metropoli, il persuade la sua situazione sul centro della Regione, l'aver questa da essa molto probabilmente desunto il nome, e l'essere stata Interamnia la più considerevole Città dell' Agro, come l'ampiezza, e lo splendore delle sue reliquie ne fanno ancora indubitata la fede. Il conferma il parere di autorevoli Scrittori, fra i quali basta rammentare i due sullodati, e Camillo Pellegrini (in Auct. ad Ostien. lib. 4. cap. 22.). Che se le ragioni di convenienza, e l'autorità de' Moderni non sembrano dell' ultimo peso, e fia d'uopo produrre la testimo­nianza di qualche antico Scrittore, ascoltisi Frontino nella sua opera de' confini de' campi. Questi parlando della nostra Interamnia, trascorre a dire che dessa prima di essere Muni­cipio, cioè prima che i Romani l'avessero a tale condizione ridotta, era stata Conciliabolo: Hoc Conciliabulum fuisse fertur et postea in Municipii jus relatum. Che Conciliabulum significasse il luogo dove i Concilj o Adunanze si tenessero, lo sappiamo da Pesto, cui meglio che ad ogni altro fa d'uopo ricorrere per conoscere il valore delle antiche parole. Ei defi­nisce il Conciliabolo: Locus, ubi Concilium convenitur, e ripete il nome Concilium a populi consensu, sive a concalendo, idest vacando. Or qual altro consesso ragunarsi poteva ad Interamnia, fuorché dei Rappresentanti del Popolo Pretuziano? Simile fu il sistema degli altri popoli di Europa, fino alle conquiste de' Romani. La Gallia, l'Elvezia e la Germania erano divise in più piccoli Stati, ed aveano la stessa usanza di tenere i concilj, come Livio, Cesare, e Tacito nelle loro storie ci additano. Riguardo ai popoli Italiani, lo stesso Livio fa motto de' Concilj che tenevano. Fanum Voltumnae era il punto di riunione degli Etruschi\Lucus Feroniae dei Latini. Non accenna il luogo delle radunanze Sannitiche, seb­bene parli de' loro concilj (Lib. 7. cap. 22.): Haec Legatis agentibus in concilio Samnitium). In tali assemblee si deliberava sulle guerre da intraprendersi. Così nel medesimo Storico si legge (Lib. 9. cap. 31.): Id aegre passi Remici, concilium populorum omnium habentibus Anagninis in circo etc. populo Romano bellum indixerunt. E' da credere che del pari si discutessero ne' Concilj gli altri affari impor­tanti, e generali delle Nazioni. Dopo l'assoggettamento ai Romani non si trovano esempi di sì fatti concilj.

Perdendo il popolo Pretuziano la sua indipendenza, sem­bra che non perciò così tosto Interamnia perdesse tutt' i vantaggi di Città capitale; essendo stato punto di politica degli accorti conquistatori il non affrettarsi a rovesciare le istituzioni delle nazioni soggiogate. Dalla rozzezza delle lettere, e da quel modo di accozzarne più d'una in una cifra sola, congetturo che a' primi anni del dominio de' Romani fra noi abbia a riferirsi una lapida rinvenuta in Novembre 1828. sul suolo di Castro, tra le rovine di comode terme, e che si conserva dal Sig. Livio de Dominicis di Giulia:

 

PVBLICVM

INTERAMNITVM

VECTICAL

BALNEARVM (1)

 



Un pubblico dazio, che nella Città principale della Regione (dopo Interamnia) riscuotevasi a profitto degl' Interamniti, pruova, a mio intendimento, il dritto metropolitico d'Interamnia su tutto l' Agro Pretuziano.

Giusta il cennato politico canone, sembra sicuro dal riportato testo di Frontino, e da ciò che nel Cap. VIII, sarà prodotto, che la Città nostra durasse qualche tempo nella condizione di Municipio. Ma non andò guari che alla dura sorte di Romana Colonia venne ridotta. Muzj (dial. 1. ms.) p. 24 con una serie d'indizj si sforza dimostrare che tale sia stata Interamnia, quasi che alto onore alla Patria ne ridondasse, né tralasciò di addurre la testimonianza del Campano nella cele­bre lettera al Cardinale di Pavla (Ep. 4. lib. 1.) ove dandosi conto delle iscrizioni, le quali in quel tempo esistevano in Teramo, sta soggiunto: quorum nonnulla indicant Teramum martialem fuisse Coloniam (2), ductam a Tifo Tattajeno. Avrebbe Muzj desiderato che l'autorità di alcun vecchio Autore avesse convalidate le sue ragioni, per altro giuste, e di non leggiero momento; ma non giunse a rinvenirla. Grande consolazione avrebbe provato, se imbattuto si fosse col lib ro delle Colonie, portante in fronte il nome di Frontino, in cui avrebbe ben cinque volte incontrata Interamnia, Interamne, Teramna: ed a rassicurarsi che né da Terni, né da altre Città di simigliarne nome sarebbesi disputata la gloria; con sommo giubilo lette avrebbe le caratteristiche del Piceno, de' Pretuziani, e di limitrofa ad Ascoli.

Oltre di Tolomeo, e di Frontino, fanno menzione d'Inte­ramnia T. Livio (Lib. 34. cap. 24.): Prodigio, quoque alia visa eo anno (559.) Romae sunt, alia nuntiata etc. Nuntiatum est Interamniae lac fluxisse etc. Ea prodigia ex Pontificum decreto procurata. Trasportarono senza dubbio in quel­l'anno le piogge maggior copia di selenite a Vezzola, come talvolta anche oggidì addiviene: e dalla straordinaria bian­chezza delle acque di questo fiume derivò l'inganno. Cadrà in seguito meglio in acconcio l'esporre come il nome Inte­ramnia a poco a poco si cambiasse in Teramo: e perché tale Città, dopo la distruzione occasionata dalla fellonia del Conte di Loretello, solo per metà fosse ricostruita sull' antica sua area. Per ora giova segnare il suol o della primiera Interamnia. Esso  abbracciava gli  attuali Quartieri  di S.  Leonardo,  e di S. Maria a Bit etto, e tutto il piano fuori Porta Regale fino ai declivj  verso i  due fiumi.  Ed ecco il giro  delle  sue  mura, determinato  dai  pezzi,   i   quali  ancora  rimangono,   e  che  a meraviglia corrispondono alla descrizione lasciataci dal Muzj (Dial.   1. in fine).  Quelle a Ponente racchiudevano il largo della   Cittadella,   l'Episcopio,   il   Duomo,   ed   il   Seminario. Piegando quindi a Mezzogiorno, lasciavano fuori la Città la Chiesa di S. Spirito, ma stendendosi verso 1' attuale Porta S. Giuseppe,  andavano prima in linea a questa perpendicolare, indi, per diverse tortuosità, alquanto più vicino a Tordino di quel che vi vadano le muraglie,  ricostruite dopo la cennata distruzione.  E  sebbene  queste,   verso  il  Carmine,   si  fossero colle antiche ove soprapposte, e dove congiunte, ed anch'esse sien oggi rovinate; pure a colpo d' occhio si discernono le une dalle altre. Oltrepassata la Chiesa del Carmine, anziché torcere versa Porta Regale, come fanno le nuove mura, proseguivan le vecchie dietro 1' abitazione recentemente fabbricata da Gen­naro   Ricci   sul   terreno   di   dominio   diretto   del   Sig.   Lelio Pompetti, e per le case rurali del Sig. Flastella, e del Sig. Carnessale, fra le quali se n'è conservato un bel tratto. Vol­gendosi in seguito verso settentrione radevano le mura orien­tali dell'orto de' MM. Osservanti, fuori delle quali ne appa­riscono tuttora le fondamenta. E qui si riconosce la fossata, che ie guardava su tutto quel lato. Dal!' ultima punta Nord-Est dell' orto suddetto ripigliavano il cammino sopra il pendìo di Vezzola, comprendendo per intero, oltre l'orto, il convento ed il prato degli  anzidetti  Religiosi,&nb sp;  anche  la  prima  rampa della nuova strada, le fosse avanti le moderne mura, fino a        p. 25 che per le odierne Porte di S. Stefano, di S. Antonio, e di Vezzola compivano 1' ambito.

              Entro la descritta periferia ovunque si scavi, in mezzo a riempimenti di terra, trovansi gli avanzi d'Interamnia, e ad una tale profondità che bisogna dire essere stata la sua area molto al di sotto del presente livello di Teramo. Muzj ebbe cura di notare le scoperte fatte al suo tempo, e fra le altre, del pavimento di musaico, lavorato a fioroni, disotterrato dalle piogge del 1595. fuori, e non lungi da Porta Regale, sulla strada che mena alla Chiesa di S. Maria delle Grazie (3): delle Urne con ceneri, incontrate nel cavarsi i fondamenti della Sagrestia della Cattedrale, nel 1586: degli avanzi di cospicuo palagio, creduto di pubblica ragione, per indizj desunti dalla grossezza de' fondamenti, cornicioni di marmo, colonne, mu­saici, travertino, e porfidi, trovati alla profondità di 16. palmi, nel cavarsi un pozzo in casa dell'Autore nel 1564: della gran copia di rottami di marmo intagliato, estratti dai vuoti, ove gettaronsi le fondamenta della casa de' Tuzj (oggi Sigg. Botti, e de Alexandris) nel 1544: della colonna incannellata, trovata nella casa di Durante, oggi del Sig. Scipione Mezzucelli, nel 1586: e degl'idoletti, medaglie, marmi, e tavolette di porfido, rinvenute nel Chiostro di S. Francesco, nel 1584. parimente in occasione di nuove fabbriche. Anche Giordani nelle sue memorie notò le scoperte avvenute nel!' età sua, come sono le sode muraglie, trovate 24. palmi sotterra nel profondarsi lo scavo per una sentina immonda, nelle vecchie Carceri (oggi Sigg. Savini e Castelli ) : le grosse pietre di travertino, lavorate, rinvenute a 30. palmi, nel cavarsi le fondamenta della casa del Capitolo, contigua al muro meridionale del Duomo: il musaico, e le mattonelle di marmo, avute sullo scavo per la nuova facciata sì di sua casa, che della vicina del Sig. Medoro Urbani. Ad esempio de' due mentovati Scrittori siami per­messo registrare le scoperte avvenute negli ultimi anni, e da me verificate. Nel 1811. svelarono le piogge nelle muraglie della Città verso Sirocco, non lungi dalla Porta di S. Giuseppe, andando  verso  il  Carmine,  un  busto   di   marmo  di   egregio lavoro, avente sulla spalla sinistra ripiegato un manto, il fusto d'una colonna, un bellissimo pavimento di mattonelle di marmo di figura esagona, e di color bianco. Ad ogni lato degli esagoni stava applicato un triangolo di diverso colore: finalmente i due piedi di una statua,  che gl' Intendenti giudicaron di Venere, di marmo finissimo,  e di  sì  eccellente esecuzione,  che  io  la credo di greco scalpello: tutto fu trasportato in casa de' Sigg. Delfico.   Nel   sottoposto  pendìo,   accosto  le   muraglie   antiche della Città, si sono scoperti più tardi, e si vedono ancora de' corridoi sotterranei  coperti  a volta.  Nell' anno  medesimo,  in occasione di una nuova fabbrica de' Sigg. Savini, a 20. palmi sotterra, trovossi un vaso di marmo, con bassirilievi attorno, esprimenti teste di  arieti,  e grappoli d'uva,  avente un  foro nel fondo, per dove probabilmente i Sacerdoti facevano passare i liquidi impiegati nei sagrifizj  a Bacco, che pur si volle dal Sig.  Giamberardino  Delfico (4).  Nel   1814.   due  pavimenti   a musaico  furono  incontrati  dal   Sig.   Matteo   Carnessale,   circa cinque palmi sotto l'attuale superficie di Teramo: uno, facendo cavar le fondamenta del muro dell' orto verso Occidente, l'altro nell' intraprendere la fabbrica per un caldajo da cuocer mosto. Più rilevanti furono i monumenti, ne' quali si abbatterono gli operai nel fare il disterro per dare al primo tratto della strada nuova fuori Porta Regale la necessaria inclinazione, nel 1817. Non parlo de' fabbricati che bisognò rompere, dei lastrici, e de' musaici, perché questi si presentano ovunque l'area d'Interamnia si spogli del riempiticelo, che la ricopre: parlo sì bene delle Medaglie per la maggior parte di argento. Non sarà esagerazione il dire che se ne estrasse oltre il migliajo. In fatti anche dopo che l'Intendente Guarini n'ebbe contezza, e quelle eran corse per diverse mani, pur giunse ad adunarne più di trecento, che inviò al Ministro degli Affari Interni. Altra buona quantità pervenne in potere del Consigliere Oliva, nel cui museo si possono tuttavia osservare, e di un Cittadino, il quale assisteva giornalmente agli operai, in qualità di Depu­tato: poche io giunsi a riunirne. Il resto girò disperso fino a che, secondo il solito, colò in balìa degli Orefici. Erano tutte Romane ad eccezione di una di Velia, di altra di Napoli, entram­be in argento, e di una di Aquino in rame. Delle Familiari Romane ne contai circa ottanta diverse, tutte in argento, e fra queste delle Famiglie Livinea, Cassia, Herennia, Opeimia, Sul-picia, e Mussidia. Molte di Marco Antonio col numero delle Legioni, dalla seconda alla ventesima terza. Fra le Imperiali di argento, le più numerose comparvero quelle di Ottaviano Au­gusto, fra le quali qualcuna relativa a colonie, senza che oltre­passassero Vespasiano. Fra quelle di bronzo, la più pregevole fu un' Allocuzione di Calligola: le altre appartenevano ad Anto­nino, a Trajano, ed ai due Filippi. Il pietrame rimosso in quell' occasione ricoprì due aperture (che si vedevano al fossato delle nuove mura della Città) di un sotterraneo cammino, ten­dente verso la parte orientale delle muraglie antiche. Così que­sto, come 1' altro meato sporgente fuori le mura Sud-Est, di cui si è fatto cenno, furono forse Cunicoli, de' quali le Città fortificate non mancavano di esser provvedute pe' casi di assedio (Vedi Vitruvio in fine) e per mantenersi in segreta comunicazione col di fuori, e per eseguire improvvise sortite contro gli assedianti, e per avvalersene come ultimo scampo nella necessità di fuggire. Nel 1818. a nove palmi di altezza, nell' orto de' Conventuali, comprato dal Sig. Pasquale Bonolis, fu rinvenuto un pavimento di mattonelle, di un palmo quadrato, di marmo bianco ed indaco: non che un Idolo di tutto rilievo di bron2o, rappresentante la parte anteriore di un Asino, inghir­landato di edera: ed un busto di Baccante, parimente coronato di edera. Tutti e due adornano il Museo del Sig. Oliva. E nel-l'anno seguente si ebbe campo di rimarcare con quanto senno avesse Muzj congetturato che nelle case, e negli orti suoi, e de' Sigg. Castelli, già si fosse elevato ragguardevole Palagio; poiché sotto quattordici palmi di terra mobile, rifabbricandosi quel braccio della casa de' Sigg. Muzj, che sporge alla strada del corso, appunto sotto Castelli, si trovò e si estrasse una colonna di travertino, di due palmi e mezzo di diametro: ed un grandioso Portone di dodici palmi di luce, avente la soglia di travertino, tutta di un pezzo, e gli stipiti pur di grossi travertini (5).

Se i contorni d'Interamnia non sono tanto fecondi di anticaglie, quanto n' è dessa nello spazio compreso fra le antiche sue mura, pur non lasciano di presentarne qua, e là dei signi­ficanti: specialmente nelle campagne, le quali rimangono fra la strada che da Porta Regale mena a Penne, ed il fiume Tordino. Quivi dal 1540, in poi si rinvennero quei preziosi monumenti, de' quali parla il Muzj (Dial. 1. ms.) cioè pezzi di metalli p. 27 lavorati, qualche gemma di valore, non poche scolture di bronzo, rappresentanti Uomini ed animali, un piccolo Leone d'oro di bella faltezza, e quella moltitudine di monete tanto di bronzo che di argento, da potersene comporre (a giudizio del­l'Autore) una serie non interrotta di Consolari, e d'Imperiali, Quelle che pervennero in suo potere bastarono per la serie perfetta da Valeriane ad Onorio. Quivi pure quelle dugento e più urne cinerarie di terra cotta, ordinate in corrispondenza, con lucerne sepolcrali accanto, disotterrate sotto gli occhi del nostro Patrio Storico nel 1569. piantandosi una vigna. Simili incontri succedevano ai tempi del Campano, né lasciano di succedere tuttora nel sito di cui si parla, ed altrove: Exfani aranti agricolae nonnumquam urnae refertae cineribus, quod genus humationis recessit a nostris, et multarum est aetatum: nec stetit din priscis hic mos, ut igni cremarentur, a Sylla insti-tutus, sublatus a Nerva. Non meno ricche di avanzi sono le adjacenze della Città al di là da Vezzola. I guasti che tal fiume ha cagionati sulla sua sponda sinistra gli han fatti abbrac­ciare nell'  alveo ruderi Romani, ora svelati, ed ora ricoperti dalle piene. Altri se ne veggono sul cominciamento della strada nuova, e nelle deliziose eminenze, che dominano da Settentrione le così dette piane del Vescovo. Ma fra quante scoperte si sono fatte in quelle parti, niuna è stata tanto fortunata quanto quella del 1789. avvenuta nella contrada chiamata Fonte della Regina, e propriamente ov'è la casa rurale di dominio diretto del nostro Ospedale. Appena giunse a notizia del Sig. Delfico che 1' Enfiteuta erasi scontrato con anticaglie, ei fece eseguire in sua presenza ed a sue spese gli scavi, e rinvenne avanzi di sontuose terme, e tre busti di marmo ben conservati, di perfetta esecuzione. In uno di essi si legge

FABIAE. A. F

FORTVNATAE

SEPTIMINAE (6)

 

              Si custodiscono di presente nella Biblioteca de' Sigg. Delfico: e nel primo sito rimangono appena porzioni del pavimento de' bagni. Fa meraviglia che in soli due secoli si fosse perduta la forma esteriore, e la memoria di tali terme;  mentre Monsig. Fabricj (Allus. sopra Greg. XIII. p. 174.) avea scritto: Integerrìmum   extat   balneum (7)   in   Fabriciorum   suburbano,   quod Reginae vocant Theramnenses. A giudicare dalla conciatura de' capelli, direbbesi essere quelle scolture de' tempi di Elagabalo. Anche nella parte superiore della penisola, ov' è piantata Teramo, si scorgono reliquie di antichità.  Così nel  1795.  si scopersero gli avanzi di piccolo tempio fuori Porta S. Giorgio, non lungi dalla Fornace Gemili, con pezzi di cornicione di tofo, ed idoli infranti. Eranvi ai quattro muri altrettante iscrizioni, ma cotanto malconce dal tempo, che nemmeno il valoroso Alessio Tullj giunse a interpretarle. Dal fin qui detto, e da altro, che per brevità si tralascia, conchiuder si debbe che Interamnia ne' tempi della sua floridezza veniva coronata da molti, e pregevoli edifizj suburbani.

Che se in vece di un elenco di monumenti scoperti, ed in buona parte già perduti, meglio si ami un saggio di quei, che si sono conservati dentro la Città, e che potremmo mostrar tuttavia a' colti viaggiatori, indicherò in primo luogo la casa de' Sigg. Delfico: ove, oltre le mentovate cose, le altre che si cenneranno al Cap. X. e le lapide pubblicate colla stampa in fine dell' Interamnìa Pretuzia; il Sig. Giatnberardino adunò una quantità di smisurate pietre conce, di casse sepolcrali di un sol pezzo, di un gran vaso di terra cotta di forma sferoidale, e di altre simili antiquarie ricchezze. Bravi un ben assortito Museo di Medaglie, raccolte dal ch. Sig. Melchiorre, passato poi (com'egli ha scritto, Ant. Num d . Atri p. 63.) dopo varie triste vicende, nelle mani di Lord Norvich.

Chi si fissa al Largo di S. Bartolomeo, quando faccia astra­zione dallo sporgimento formato dalla casa Rosali, e dal gruppo delle case Santacroce, e Cozzi, mal auguratamente fabbricate in mezzo al Largo; ravvisa che le case de' Sigg. Forti, Lenzi, Gaspari (Sig. Francesco) Pirocchi, e Vezj, ed una porzione della casa del Capitolo a mezzodì del Duomo, sono piantate sopra una curva o arco, la cui corda sembra passare dalla detta casa del Capitolo, lungo le case de' Sigg. Jannetti, Camponeschì, Gaspari {Sig. Giuseppe) e la Chiesa di S. Bartolomeo. Ciò che rimane fra l'indicata corda e 1' arco, compresa la metta, verso ponente, dalla casa del Sig. Carlo Forti, costituiva l'arena dell' Anfiteatro d'Interamnia. Quando si abbia la pazienza di scendere ne' sotterranei delle cennate case piantate sull' arco, e specialmente in quelle del Sig. Francesco Gaspari, e di Pìrocchi; si possono ammirare i magnifici avanzi del medesimo, ed indovinarne il disegno. Un muro di pietre comuni, non molto alto (se una buona porzione non ne rimanga sotterra) chiudeva 1' arco in tutto il suo giro. A tale muro vedesi poggiata una serie di volte, della larghezza di palmi otto, di pietre per lo più spugnose. Desse, a mio credere, sostenevano il più basso corridojo, o galleria per gli spettatori. La parte posteriore di dette volte è sostenuta da pilastri lunghi sedici palmi, tutti di grosse pietre di gesso. A questi pilastri, i quali si vanno gradatamente elevando, sta raccomandata ad ambi i lati una volta, o piuttosto un muro di piccole pietre tenacemente legate con antico cemento: quale seconda volta o muro è inclinato a segno sopra il primo corridojo, che potea servire di base a più ordini di gradini, o sedili guardanti 1' arena. I pilastroni, e la seconda volta obliqua legano, in prosieguo, ad un arco di quattro palmi di grossezza, della stessa pietra, tranne le imposte che sono di travertino. Succede finalmente, a poco meno di altri dieci palmi, un second' ordine di archi, di cinque palmi di grossezza, di pietre, di gesso ai fianchi, di travertino alle imposte ed alla sommità: e talvolta un forte muro (come indica il sotterraneo di Vezj}. Fra i due ordini di archi, i quali sono dell' altezza di 26. palmi, e della larghezza di 13. mostra essere stato, e doveva essere un terzo giro di volte, da offrire un altro corridojo o gallerìa verso l'arena, al di sopra de' gradini: ma in niun sito si sono conser­vate, e quelle che vi stanno a mattoni sonsi rifatte in tempi meno rimoti. Tre archi del primo ordine sono rimasti intatti, e due del secondo. Se col giro di questi finisse 1' edifizio, o ne succedesse un terzo, io noi so; come non so se il corridojo superiore rimanesse o no coperto con logge.

              La casa del Capitolo sopra  mentovata,  come  racchiude verso   oriente   l'estremità   occidentale   dell' Anfiteatro;    così accoglie verso occidente l'estremità orientale del Teatro. Questo era piantato in linea coli' Anfiteatro, ed aveva, com' esso, 1' aper­tura guardante settentrione. Rimangono però del Teatro mise­rabili   avanzi,   altro   non   osservandosi   dal!' orto   della   casa suddetta, e da quello del Seminario, che la figura curva delle sue mura a mattoni: occupate, verso la punta inferiore, dalla casa succennata, e verso la superiore, anche più dal Seminario. Sulla metà rimangono tre archi continuati simmetrici di grossi mattoni: un altro se ne scorge verso l'estremità orientale, il quale fa supporre che un quinto ne fosse stato all' estremità occidentale, distrutto senza fallo nelle successive fabbriche del Seminario. L' ampiezza dei due descritti pubblici Edificj ingerisce alta idea del gusto, e della numerosa popolazione d'Interamnia. Altro alimento trovavano gli Archeologi fra la casa, e l'or to superiore de'  Sigg.  Muzj,  accosto appunto  al pozzo,  tuttora esistente, il cui cavo produsse la scoperta; se discender volevano per una specie di grotta a quel sotterraneo, da Muzio descritto al Dialogo 1. ove comparivano gl'indizj di cospicuo Palagio già di sopra cennati, e che il Fabricj così dipinge (Allus. etc. p. 174): Ruderibus abruta intercolumnia, penetraliaque miro artificio, et sumptu, ac in quincuncem constructa, et posila, annis proxime elapsis (nel 1564.) reperta in domo nobilis viri Mutii Mutii antiquitatum, ac artium omnium studiosissimi. Ma disgra­ziatamente per gli Antiquarj, piacque, sull'entrare del secolo corrente, al Padrone prolungar la cucina, e livellare l'orto: ciò che portò la necessità di riempiere il sotterraneo, e di chiudere l'adito. Quindi altro non vi resta ad osservare che avanzi di muraglie antiche, ed un arco a lunghissime mattonelle (8).

Visuntur Statuae veterum annexae novis aedificiis: prisco habitu, calceisque senatoriis. Trophaea item incisa marmo-ribus: così di Teramo scrisse il Campano. Di Statue Sena­torie una sola di marmo ne rimane ai giorni nostri, nel muro della casa contigua alla Chiesa dello Spirito Santo, mancante della testa (esendo rifatta, e malamente rifatta, quella che vi si è adattata) e col pugno sinistro forato, acciò il Sig. Senatore sostenesse, non so con quanto decoro dell' eccelsa sua carica, la bandiera dinotante la franchigia nella fiera  di Pentecoste,  la quale  ne'   secoli   prossimi   passati   tenevasi   avanti   la   Chiesa suddetta (9). Di trofei scolpiti sui marmi, o piuttosto di pezzi di fregi di architravi, i quali presentano corazze, cimieri, lance, e simili arnesi militari; uno, ed è il più notabile, giace avanti la Casa de' Sigg. Ciotti: altro si conserva nell' Orto interno de' medesimi: altro è sull e scale del porticato del Vescovato verso la Piazza del Mercato:   altro serve di  soglia alla finestra del Corpo di Guardia nella Caserma di S. Domenico: altro al Trivio nel muro comune tra la Casa de' Sigg. Gemili, e 1' Osteria: ed un altro stassi rimurato nel portico del Palazzo Comunale, ove pure si ammira una pietra con bassirilievi, presentanti una testa di ariete, un urceolo, un lituo, ed un coltello per sagrifizj. Le nude figure, i grappoli, e i pampini, scolpiti a bassorilievo in due colonnette:   la  prima  impiegata  a  sostenere  il  vaso  dell'acqua  lustrale  nel  Duomo,   accosto   alla  porta  occidentale: P altra su cui vedesi piantata la Croce di ferro nel Largo de' Cappucini, sembrano avanzi di un tempio di Bacco. Un genio nudo sta fisso ali' angolo tra la strada del Vescovato, e la Piazza Superiore. Un lastrico a musaico, di più che mezzano lavoro, può osservarsi nella cantina de' Sigg. de Petris. Non parlo di fusti di colonne grandi e piccole, di basi, di capitelli, di pietre intagliate, perché si scuoprono da ogni banda, gittate alla rinfusa, come doveva succedere in una Città ricostruita due volte sopra le sue rovine. Ecco quanto di meglio è campato dagli artigli degli Scalpellini, i quali nell' eseguire le commissioni de' nuovi lavori hanno senza pietà svisati gli antichi, non perdonandola né a scolture, né ad iscrizioni. Finalmente fra i vecchi rimasugli è degna di riflessione la moltitudine di Leoni di pietra,  che s'incontrano per Teramo: onde ha opinato taluno che il Leone stato fosse 1' emblema degl' Interamniti.

 

 

(1) Publicum I Interamnitum (?) /vectigal / balnearum.

Si tratta  di  un  pubblico  dazio  sui  bagni  di  Giulianova  esercitato  dai  Teramani. C.I.L., IX, 5144.

 

(2) R. faeanda, Le testimonianze dell'Italia romana, Teramo, 19/6, pag. 11: « Nell'età di Silla, come ci informa Frontino nel De Contradis, fu dedotta ad Interamnia una colonia guidata da Tito Tettaieno. Teramo fu anche municipio, ma pare che per questa situazione si debba risalire ad una fase preromana che si potrebbe chiamare di civiltà sabina ».

(3) Quella del 1595 fu la scoperta delle prime tracce delle terme pubbliche di Interamnia che erroneamente, in seguito, si credette fossero ubicate nei pressi di Fonte Regina. Successivamente le innumerevoli scoperte di avanzi di muri, di acque­dotti, di cunicoli e pavimenti musivi policromi, hanno confermato l'esistenza, nel­l'area compresa tra l'antica Porta Reale e S. Maria delle Grazie, del più grande complesso termale della Teramo romana di cui oggi si conoscono i resti di almeno dieci vasche.

 

(4) Nel 1891, in occasione dei lavori per la ristrutturazione del lato occi­dentale della stessa casa Savini, vennero alla luce i resti di una dotnus romana di straordinaria ricchezza. Tra le decorazioni pavimentali delle sale, quella del tablinum costituisce il più bell'esempio di arte musiva della regione. La decorazione imita perfettamente quella di un soffitto piano suddiviso in cassettoni quadrati contenenti rosoni, fiori e corone d'alloro. Al centro, incastonato tra una ricchissima fascia di frutti e fiori, spicca un emblema raffigurante un leone che azzanna un serpente. Il lavoro appare di tradizione ellenistica e, sia per lo stile, sia per la ricca policromia, lo si è voluto accostare al famoso mosaico raffigurante la battaglia di Alessandro e Bario rinvenuto nella casa del Fauno a Pompei. F. savini, Domus privata Romana a Teramo, Teramo, 1893. G. cerulli -ieelli - Carta archeologica d'Italia, Firenze 1970, Foglio 140 (Teramo). W. mazzitti, La casa del leone, estratto da La Voce Pretuziana, Teramo, 1975.

 

(5) Nel 1913, costruendo le cantine della nuova casa Castelli, alla profon­dità di m. 2,65 dal piano attuale, venne alla luce la parte di un colonnato con tracce di pavimento a mosaico e di scale di pregiato marmo venato bianco e nero. Le quattro colonne ricoperte di stucco bianco e rigate a doppi solchi longitudinali, dovevano far parte del porticato di una delle tante domus imperiali che si affacciavano su una delle strade principali.

Nuove scoperte sul suolo romano di leramo. Estratto dalla Riv. Abr. Fase. VII, Anno 1917.

 

(6) Fabiae A(uli) fiiliae) / Fortunatae / Septiminae. Iscrizione in onore di Fabia Fortunata Settimina, figlia di Aulo. - C.I.L., IX, 5103.

 

(7) Erroneamente in passato si è ritenuto che le terme pubbliche fossero ubicate su una delle colline ad oriente di Teramo, mentre in realtà i resti rinvenuti sin dal XVII secolo, di cui riferisce il Palma, dovevano certamente far parte di un edificio termale annesso ad una lussuosa villa suburbana.

              Nel 1974, in occasione dei lavori per la costruzione di una strada, a poche decine di metri dalla sorgente di Fonte Regina, si scoprirono casualmente i resti di pavi­mentazioni mosaicate, di pregiati marmi ed intonaci dipinti, indubbi avanzi di terme private. In tale occasione fu sensazionale la scoperta di una magnifica statua di marmo greco, una venere anadiomene, certamente una delle più belle sculture di epoca im­periale rinvenute nel teramano.

 

(8) Nell'atto di consegnare al Tipografo il presente Volume, mi è dato soggiugnere che ne' principj del 1832, dilatandosi il cortile interno de' Sig. Muzj, si sono disotterrati molti pezzi di colonne assai grosse e scannellate, incavati per la più ferma connessione di uno all'altro, ed un tratto di muro di grandi pietre rettangolate, il quale mostra andare da settentrione a mezzodì. Sarebbe quivi stato un pubblico Portico? Ciò potrà essere determinato, allorché si sgombrerà il suolo circonvicino, appartenente a Proprietarj diversi. (N.d.A.)

(9) II Palma  si  riferisce  a  quella  che  i  Teramani  chiamano  comunemente  la statua di « Sor Paolo ».