Federico Adamoli
Felice Barnabei. Lettere a Giannina Milli (1862-1888)


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     Quella della poetessa è una figura che non può non affascinare ancora oggi se solo si pensa quale rottura abbia ella operato grazie al suo particolare talento sul tipico destino riservato alla donna dell'800 specie se di modestissime origini (suo padre fu anche un sellaio) precorrendo un femminismo ancora lontano dal venire. D'altro canto l'umile origine accomunò la poetessa a Felice Barnabei il cui destino fu in parte legato ad una serie di importanti e provvidenziali incontri in primis quello con la poetessa (fu proprio lui a sottolinearlo). Forse proprio questa umile origine condivisa spiega l'affetto che si stabilì tra i due sin dal loro primo incontro a Napoli nel 1861.

Cenni biografici

     Felice Barnabei nacque a Castelli il 13 gennaio 1842 da Tito e Concetta Giardini. Di povera famiglia sin da piccolo fu incoraggiato dal padre ceramista a lavorare la maiolica ed all'età di dodici anni si trasferì a Teramo dove grazie ad un sussidio ricevuto per quattro anni dal governo borbonico (2) potette studiare presso i padri Barnabiti; in questo periodo frequentò anche la scuola di disegno diretta da Pasquale Della Monica (3).
     Poco meno che ventenne prese una decisione fondamentale per la sua vita abbandonando i luoghi natii e sottraendosi ad un destino che pareva quasi stabilito continuare cioè la tradizione familiare come ceramista. In un periodo di stravolgimento nazionale con l'epilogo della dominazione borbonica ed il raggiungimento dell'unità nazionale (peraltro caratterizzata da condizioni di estrema miseria) nell'agosto del 1861 dopo l'assalto dei briganti a Castelli il giovane Felice appena ottenuta la licenza liceale trovandosi in uno stato di estremo sconforto «chiuso in paese nella impossibilità di uscirne senza avvenire di sorta senza speranza alcuna» fece una specie di fuga verso Napoli senza neppure disporre dei mezzi per sostenersi (non aveva neppure il denaro per pagare la tassa per il rilascio dell'attestato liceale ed inoltre contrasse dei debiti) (4). Grazie alla segnalazione di Raffaele Quartapelle (5) era stato infatti scelto ed inviato (insieme al giuliese Raffaello Pagliaccetti) (6) come giovane ceramista alla Esposizione nazionale di Firenze che fu raggiunta proprio da Napoli (7) .

(2) Il piccolo Felicetto aveva realizzato un piatto dipinto che presentò al consiglio provinciale di Teramo ed il successo che riscosse fu tale che gli venne riconosciuto un sussidio annuale di 36 ducati per mantenersi negli studi. Barnabei nelle sue memorie fece notare che il più delle volte per riscuotere la somma «se ne doveva spendere altrettanto specialmente per regali agli impiegati dell'intendenza acciocché fossero fatti i mandati di pagamento». Ne cita uno di questi impiegati «un certo don Federico Valentini al quale il babbo doveva fare il complimento di regalare dei servizi da tavola di maiolica di Castelli». Il sussidio secondo il Reale Rescritto del 20 dicembre 1854 gli fu accordato appositamente “per istruirsi nel disegno”.

(3) Considerato che nella scuola dei Barnabiti non era previsto l'insegnamento del disegno e dovendosi riscuotere il sussidio tramite la presentazione di certificati di frequenza rilasciati da un maestro di disegno la soluzione di recarsi presso Pasquale Della Monica che aveva una scuola nella sua casa era da considerarsi più che altro un espediente al quale peraltro Barnabei si prestava malvolentieri. Nelle memorie fa un ritratto grottesco dell'anziano e burbero maestro: «La sua testa era chiusa e nascosta in un enorme parruccone mal cucito che terminava superiormente in un grosso ciuffo e lateralmente in due grandi fiocchi di capelli nerissimi. Dal viso del vecchio spuntavano due grossissimi baffi neri tinti malamente sicché spesso di sotto a tutto quel nero apparivano tratti bianchissimi quando il maestro non aveva avuto tempo di distendervi col pennello un nerissimo intruglio. Indossava poi una blouse caratteristica chiusa al collo da un fazzoletto colorato con effetto veramente stridentissimo: era proprio una mascherata».

(4) L'attestato liceale in “belle lettere” chiamato anche cedola lo ricevette solennemente a Firenze dal prefetto della provincia e dal provveditore agli studi. Quanto ai debiti venutolo a sapere il padre Tito provvide a saldarli intimando al figlio di rientrare immediatamente insieme a lui a Castelli in groppa ad un mulo.

(5) Raffaele Quartapelle (1804-1892) farmacista e naturalista di Teramo. La farmacia dei Quartapelle rappresentava per i letterati e le persone in vista di Teramo nella metà ottocento un importante punto di riferimento. E' proprio nella farmacia che Barnabei venne presentato a Leonardo Dorotea patriota e deputato al Parlamento napoletano: questi aveva il compito di scegliere due giovani teramani da inviare all'Esposizione Nazionale di Firenze del 1861. Il Quartapelle appassionato di maioliche ed oggetti antichi segnalò al Dorotea il giovane ceramista di Castelli.

(6) Raffaello Pagliaccetti (1839-1900) pittore e scultore di Giulianova rivelò il suo talento nella fanciullezza quando realizzò una figura con un pane di zucchero che destò grande clamore a Giulianova. Si formò presso Giuseppe Bonolis e l'Accademia di San Luca a Roma dove il padre modesto commerciante di generi alimentari lo aveva inviato con grandi sacrifici. Quando nel 1861 si recò all'Esposizione Nazionale di Firenze Pagliaccetti si stabilì nel capoluogo toscano dove grazie ai numerosi lavori compiuti nel corso degli anni ottenne stima e considerazione che gli valsero nel 1875 l'onorificenza di cavaliere dell'ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e l'ammissione nell'Accademia Fiorentina delle Arti e del Disegno in qualità di accademico. Seguirono numerosi altri riconoscimenti anche di livello internazionale.

(7) La tappa a Napoli era in quei tempi un passaggio obbligato per andare a Firenze in quanto si doveva percorrere la via del mare cioè sbarcare a Livorno e raggiungere Firenze in ferrovia.