Dalla Storia dei Terremoti
I tragici mercoledì della terra
Avvenivano, centotrent'anni fa, cose che sembrano accadute ieri. Leggevo in questi giorni le cronache del 1783, che la nostra generazione ha dimenticate. A proposito del tremendo terremoto calabro-siculo, gli scrittori notavano, tal quale come oggi, che si sarebbe salvata la quarta parte dei miseri sepolti sotto le macerie se non fossero tardati gli aiuti. La dimostrazione l'ebbero alla scoperta dei cadaveri: gli uomini in attitudine di sgombrarsi di attorno i rottami, le donne con le mani sul viso o disperatamente alle chiome. E furono viste le madri, noncuranti di sé, coprire i figli, facendo arco del proprio corpo o tenere le braccia distese verso di loro.
I cronisti raccolsero molti nuovi argomenti della fierezza virile e della passione delle donne.
Un bambino da latte fu disotterrato morente al terzo giorno, né poi morì. Una donna incinta restò trenta ore sotto i sassi e liberata dalla tenerezza del marito si sgravò giorni appresso d'un bambino, col quale vissero sani e lungamente. Richiesta di che pensasse sotto alle rovine, ella rispose: «Aspettavo»!
Una fanciulla di undici anni fu estratta al sesto giorno e visse; altra di 16 anni, Elvira Basili, restò sotterra undici giorni, tenendo nelle braccia un fanciullo che al quattro morì, così che all'uscirne era guasto e putrefatto. Ella non poté liberarsi del cadavere perché era serrata fra i rottami e numerava i giorni dalla fosca luce che giungeva sino alla fossa.
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