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Sotto il lenzuolo candido di neve,
In pochi anni cataclismi a Scutari, in Calabria, in Sicilia, nuove convulsioni telluriche in Calabria, a Reggio, a Messina, ed ora nella Marsica. E con il terremoto, la morte e il mortale dolore, le lagrime amare nell'impotenza di prevenire e di debellare l'immane mostro, che invano la primitiva arte giapponese circonda d'orridi e deformi appellativi. Quanti disastri, quanti gemiti a un capriccio della natura! Märo o Mortura: la fredda ispiratrice di Eraclito, o la cupa dea che dallo «sterminator Vesevo» fa irridere «alle umane sorti progressive»? Per quanto l'antica Cibele apparisca lieta nel suo manto ricco d'erbe e d'animali, carezzata da un mare sempre azzurro sorriso da un cielo palpitante di costellazioni e di sogni; per tanto, per vivere, per rispondere ai misteriosi amori della fredda Selene, o ai baci infocati del sole, dev'essere in convulsioni continue. Simile al mare — l'infinito vivente di Michelet — la stasi, la quiete completa, segnerebbe per lei la morte, o il freddo dell'immensa notte polare, anche nelle sue ardenti viscere in sussulto e pur creatrici di nuove forme e di nuovi amori... Non un attimo quindi, per lei, in perfetto riposo. Ora si compiace di datare gli uomini con deboli tremori, ora con terribili ululi o schianti che portano il terrore per leghe, con un'eco che oscilla spesso per mesi interi... |