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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
poeta, Tocco a Casauria (19-5-1883). [Inizio Voce]dileguano, come le larve di pauroso sogno allo spuntar del mattino. - Pochi libri ei poté leggere; ma quello predilesse, noi lo sappiamo, in cui si legge: - Beati i poveri; beati quelli che piangono e patiscono la fame. - Dure parole all'orecchio di quel mondo che ha per confine degli spazi infiniti questo breve orizzonte che si abbraccia con un'occhiata, e per confini del tempo il termine di questa breve esistenza che si consuma quaggiù. Libero spirito, sciolto dall'angusto carcere che li tenne prigioniero su questa terra, lottante per tanti anni colle indocili smanie di una mente e di un cuore bisognosi d'un'aura più spirabile, e di troppo più vasti confini, esule infelice che ritorna alla Patria, vedrai che non invano Iddio li accese nell'anime la brama dell'infinito. - Mentre i tuoi mesti carmi risuoneranno ancora lungamente quaggiù il lamento dell'esule, possa il purificato tuo spirito intuonare nel cielo l'eterno inno d'amore. Addio, povero Stromei! Sono lieto di aver potuto deporre una fronda di non spregiato alloro sulla tua fronte, quando ancora in te spirava il soffio della vita mortale. Spero che essa continui a verdeggiare sulla tua tomba, che i tuoi concittadini manterranno onorata, additandola con vanto allo straniero. Intanto quanti giovinetti e quante madre amorose, all'udire la tua morte, t'invieranno da lungi affettuosi tributi di lagrime e di preci! Possa la prece, in cui fidasti vivente, affrettare il tuo volo alle regioni del cielo!... (Antonio Stroppani)
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