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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
politico, Pianella (9-8-1884). [Inizio Voce]la memoria, oltre all'aver posseduto e teneramente ricambiato tutto il mio affetto di amico, ebbe altresì intera la mia ammirazione come pubblico amministratore. E bene a ragione, perché pochi compresero al pari di lui la ragione dei nuovi tempi, pochissimi come lui sacrificarono tutto sé stessi al culto dei pubblici doveri. Nato in una provincia vicina, sposato ad una gentildonna teramana, che gli fu compagna amorosa e indivisibile fino all'ora estrema, trasportò in questa provincia la somma de' suoi interessi, e spese tutta la vita pel morale e civile rinnovamento di essa. Il suo nome si lega indissolubilmente alla storia nostra per questo ultimo quarto di secolo, e i nuovi ordini amministrativi instaurati dopo il 1860 ebbero in lui uno dei più autorevoli interpreti. Tutti ricordano la sua rara operosità, e l'indomita febbre del pubblico bene, che sola signoreggiava quella gagliarda natura. Cuore ardente, impetuoso per indole e altrettanto franco, generoso, leale, portava nella lotta tutta la civile e quasi selvaggia energia del suo carattere; ma a simiglianza dei cavalieri antichi, finita la battaglia, posava modestamente le armi, e vincitore o vinto stringeva sorridente la destra ad amici ed avversari. Nessun rancore giammai, nessun risentimento ancorché lieve, ancorché giusto albergò mai in quell'animo veramente forte e gentile; e se talvolta si doleva della giustizia degli uomini, dei facili sospetti e delle calunniatrici menzogne, che accompagnavano la vita pubblica per triste retaggio dell'umana natura, lo faceva con tanta modestia e serenità da parere che, quasi immemore di sé, non si dolesse che dei torti recati ad altrui! Signori! Giacinto Paolini, questo cavaliere senza macchia e senza paura, non è più; ma la memoria delle opere sue non perirà fino a che duri
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