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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
vescovo, Teramo (7-4-1888). [Inizio Voce]questo lungo periodo di anni il Milella visse chiuso nel silenzio della sua casa; non invano però intorno a lui si rivolsero i parenti, i poverelli, non invano intorno a lui ci rivolgemmo noi, in circostanze tristissime, come quelle del colera e delle inondazioni per ottenerne l'aiuto morale e pecuniario, e lo trovammo sempre affabile, caritatevole, generoso. Non è guari, quando il Re Umberto fu di passaggio a Giulianova e quasi tutta la provincia ivi convenne per onorare l'Augusto Capo dello Stato, il Milella v'intervenne, e frammisto alle primarie autorità, rese omaggio al figlio del Re Galantuomo che gl'indirizzò parole molto gentili. Fu tollerantissimo, e se qualche volta apparve zelante, lo si deve ai cattivi suggerimenti di altri o alle ingiunzioni della S. Sede, ché il Milella personalmente era buono senza ostentazione, giusto con gli avversari, ripugnante da ogni atto che potesse urtare le altrui suscettibilità. Ecco come si spiega il compianto generale che lo ha accompagnato al sepolcro. I funerali del Milella sarebbero riusciti imponenti, se un incidente spiacevolissimo, di cui or ora parleremo, non fosse venuto a disturbare la calma della chiesa del Duomo. Incominciamo subito a dire che anche a noi parve un errore gravissimo quello di avere incaricato un forestiere e per dippiù un fanatico, noto per recentissime prove, a parlare di monsignor Milella, che se non era teramano di nascita, lo era certo, per elezione. La prima parte della sua orazione e cioè quando parlò della nascita del Milella, degli studi di lui come professore di filosofia a Perugia, e nella Casanatense di Roma, e di altre importanti nozioni della vita del povero Vescovo, l'uditorio fu calmo e tranquillo. Giunto però al periodo dell'esilio, l'imprudente prete con una leggerezza inqualificabile,
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