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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
muratore, patriota, Teramo (8-6-1889). Dopo pochissimi giorni di malattia è morto giovedì sera di pericardite il capo mastro muratore Felice Sbraccia, e ieri mattina tutte le società cittadine con bandiere, i suoi compagni, d'arme e di lavoro, gli amici, in lungo e mesto stuolo, lo accompagnavano al cimitero. Aveva compiuto da poco 42 anni, e nessuno poteva supporre in quel giovine animoso e robusto che sotto quel petto si celasse un morbo insidioso! Figlio di quel Serafino il quale diede alla nostra città una famiglia di bravi muratori, e, muratore egli stesso e poi impresario di lavori, fu esempio di laboriosità; Felicetto seguì le orme paterne, e rimarrà a monumento della sua perizia nell'arte della fabbricazione il palazzo della Scuola normale, dove lo scorso anno ebbe luogo l'Esposizione operaia. Di principii liberali il suo nome era segnato nella storia della nuova Italia per due campagne da lui combattute: quella del 1866 con l'esercito regolare per il riscatto di Venezia, e quell'Agro romano per il riscatto di Roma. Nell'una e nell'altra fece il suo dovere di soldato e di patriota. Deposto il fucile, e datosi al lavoro pacifico, fu sempre eguale a se stesso - soccorritore dei suoi compagni, nemicissimo delle imposture, sempre primo nelle proteste per la libertà, leale e franco con gli amici. Queste eccellenti qualità gli procacciarono il compianto unanime nei popolari funerali di ieri; queste qualità gli furono ricordate, in belli e forbiti elogi, dall'ing. Palombieri presidente dei muratori, e dal sig. Camillo Rodomonte, nella chiesa dell'Annunziata, dall'ing. Corti presidente dei reduci e dal sig. F. Olivieri presidente della Fratellanza fuori Porta reale. Il Corti, dandogli l'estremo addio, protestò a nome dei suoi correligionari politici di non avergli potuto fare i funerali civili per ragioni indipendenti dalla loro volontà. Il povero Sbraccia lascia nella povertà sei figli e la moglie incinta. Oh! che strazio, che sciagura!
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