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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
politico, benefattore, Teramo (11-12-1889). Circa la mezzanotte del 7 all'8 dicembre cessava di vivere, confortato dalla religione, il cav. Domenico Savini, travagliato da parecchi giorni da una malattia all'ernia, per cui il prof. Ceci arrivava da Genova a catastrofe compiuta. Quando fu munito dei conforti religiosi, prima che entrasse in agonia, il povero vecchio chiamò i figli attorno a sé e loro raccomandò principalmente di farsi voler bene da tutti, di tenere la casa aperta a tutti specialmente ai poverelli, com'è tradizione di casa Savini. Queste parole chiusero a 79 anni la vita di un uomo buono e semplice, pio e caritatevole, di cui dicesi che in questi ultimi tempi, facesse oltre mille lire al mese di elemosine! Domenico Savini, politicamente è stato conservatore, ma non intollerante. Il soffio della vita nuova lo aveva reso molto equanime verso i liberali, specialmente se questi fossero in buona fede. Del resto, sotto la dominazione borbonica, nessun liberale, nessun rivoluzionario ha potuto ricordare di aver ricevuto un torto dali Savini. Per questo carattere, Domenico Savini che nel 1861 si legò d'intima amicizia col generale Longoni, poté non esser odiato dai liberali, e poté pure occupare sotto il nuovo Governo, cariche cittadine importanti, come quelle di presidente della congrega di carità prima dell'Irelli, di consigliere comunale e provinciale fino agli ultimi tempi. All'epoca della inaugurazione della ferrovia Teramo-Giulianova, in ricordanza del grande avvenimento, elargiva 20mila lire per la fondazione dell'Orfanotrofio maschile. Solenni furono i funebri religiosi che si resero lunedì mattina alla salma nella chiesa del Carmine dal Capitolo della cattedrale. Il corteo religioso con tutti gl'istituti di carità fu lunghissimo e passò
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