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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
Teramo (1-10-1890). La chiamavano Giannina e il vezzeggiativo fareva fatto a posta per lei. In questo nomignolo, che l'affetto de' suoi le aveva dato, s'indovinava un corpicino minuto, allegro, tutto movenze graziose: un vero bottoncino. Oh come ti rivedo, povera bimba, attraverso al dolore! Mi par di vederti quando seduta da presso alla madre tua, intenta a rammendare l'abitino di qualcuno dei tuoi fratelli, tu cercavi d'imitarne i movimenti e starvi lì ferma, attenta per delle mezz'ore intere, figurandoti, d'essere una donnetta di casa; ti rivedo quando ti davi l'aria d'una piccola massaia, co' la vesticciuola succinta e le maniche rimboccate fin sotto il gomito, e rivedo il tuo braccino roseo, bella che strappava baci e carezze, ti rivedo quando giocavi co' tuoi fratellini e co' le tue sorelle e odo ancora i tuoi piccoli gridi e mi si ripercuote dolorosamente ne l'anima la tua vocina squillante. Com'eri bella, com'eri bella! Ed ora?... Ora, povera bimba, ti se' addormentata. Dormi, dormi, bambina: dormi e non ti svegliare. Non ti svegliare, ché chi potrebbe vedere raddormentarti? Accanto a te, povera Giannina, c'era seduta una donna alta, alta, magra, magra che ti cantava la "Ninna Nanna": quella donna ti faceva paura e tu non volevi dormire e giravi i tuoi occhietti intorno alla stanza, e a' tuoi genitori, curvi sul tuo letto, e agli zii, a' poveri zii che stavan ritti e muti accanto a te, tu parevi volessi dire col tuo sguardo supplichevole: presto, scacciate, uccidete questa donna, io non vo' dormire: la "Ninna Nanna" voglio farmela cantare dalla mamma mia. Ma nessuno la vedeva la donna brutta che ti faceva paura, se l'avessero vista, se l'avessero potuto ghermire... Ma volevi dir questo co' tuoi sguardi, povera bimba oppure cominciavi a entrare
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