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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
Mosciano S. Angelo (4-3-1893). [Inizio Voce]a tavola, talvolta che le pareva avesse dimenticato qualche poverello che le si era rivolto, si levava quasi turbata e s'allontanava premurosa di dare il suo soccorso. Colpita, nell'epoca che nel suo paese infieriva il colera, da male terribile agli occhi, l'animo suo non fu per nulla vinto e quando vide che le premure sollecite della scienza e quelle affettuose dei figli erano cadute, infrante dall'ostinatezza del male, non dié segno di turbamento, ma co' la stessa serenità di prima, seguitò per la sua via. E la sua casa, a cui Ella avea saputo dare impronta schietta di cordialità e di gentilezza, divenne un luogo sacro; un luogo a cui tornavano, anelanti, i figli sempre lieti di udire la parola de la madre loro; a cui traevano ancora i poverelli attrattivi sempre dalla inesauribile e instancabile carità della loro benefattrice. Morendo, Ella lascia in eredità non larghezza d'affetti, ma la sua vita intera, che è esempio da imitare! S'ispirino ad essa i figli e, più che nella parola pietosa degli uomini, troveranno in essa largo e sicuro conforto al loro immenso dolore. (G. Ciavatta)
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