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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
patriota, sottoprefetto, Teramo (10-5-1893). [Inizio Voce]di S. Agostino in memoria dei caduti di Napoli, funerali che furono una solenne protesta dei teramani contro il Re spergiuro, la cui vendetta non tardò a venire. Ed eccoci pertanto in piena reazione! Il nostro Forti, insieme ad altri compagni di fede, poté fuggire e riparare al di là del Tronto. Ascoli li accolse e li salvò. Ma il Forti fu tra quelli pe' quali l'esilio non era sinonimo di ozii beati. In Ascoli, fé parte di una spedizione per le montagne di Acquasana ove si annidava il brigantaggio capitanato dal famigerato Piccione. Da Ascoli trasse in Ancona, ove s'ingaggiò col grado di sergente nel battaglione dei volontarii per la difesa di Roma. Cadde la Repubblica romana, e con essa la stella d'Italia. Il Forti aveva combattuto, ma lo attendeva la dura sorte dei vinti! A Teramo, una sentenza inumana l'aveva condannato in contumacia a 24 anni di ferri ed alla confisca dei beni. Il Borbone richiese la sua prede al Papa-Re e l'ebbe. Valerio Forti veniva arrestato, insieme a Salvatore Bernardi ed al prete Raimondo Massei suoi concittadini, e gittato nelle segrete di Castel S. Angelo tra i ladri e gli stupratori. Il prete, in omaggio all'unto del Signore, poté essere custodito nelle celle del S. Ufficio. Come e quando ne uscirono? Gli amici non li perderono mai di vista, negli otto mesi di lor carcerazione. Un'alta signora, da essi interessata poté ottenere dal Generale in capo delle truppe francesi che i tre teramani fossero richiesti e consegnati al Governo francese. Un legno di guerra li recò a Tolone, donde fuggirono ajutati dagli stessi francesi ed accompagnati fino al confine. La gran madre Torino accolse anche questi miseri profughi, senza patria, senza tetto. In sulle prime il Forti si dié al commercio dei libri, e percorse, facendo buoni affari, il Piemonte e la
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