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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
Tortoreto (27-6-1894). Si spense il giorno 20 in Tortoreto, perché il cuore le cessò di battere in un momento, e si addormentò come persona estremamente stanca. V'è un luogo dove l'umano spirito trova pace e quiete dai travagli della vita affannosa? Se non ci fosse, la religione, consolatrice altissima, ha fatto bene di crearlo. Io sento il bisogno di crederla felice ora, di vederla ricongiunta ai suoi cari, che sulla terra le caddero attorno ad uno ad uno, in periodo breve e terribile, dai vecchi genitori, dal fratello, dallo sposo a tre giovani e gagliardi figli, Ercole, Luigi, Nicolina, al nobilissimo Angelo che lo scorso anno le fu svelto e rapito da turbine improvviso; Angelo, il medico sapiente, umano e gentile, Angelo, che per ogni sofferente aveva un sorriso fraterno, un palpito d'amore e di pietà. Ed ella ad ogni caduto levò un grido acutissimo di dolore e le mancò un brano del cuore. Eppure si reggeva. Ma quando mirò ai suoi piedi l'ultimo caduto, Angelo, il dilettissimo Angelo, non gridò più; restò muta nell'immensità della sua sventura; l'ultimo brano del cuore le fu strappato. Non si sa come, visse ancora un anno, tanto per benedire le nozze, che furono celebrate or sono pochi dì, tra suo figlio Camillo e la distinta signorina Zaira Barnabei. In quelle nozze certo intravide i rinascenti destini della famiglia, gli occhi di lei mandarono l'ultimo lampo, e, sperando, aprì le ali alla seconda vita. Cittadini di Tortoreto, voi, che per tanto tempo ne ammiraste le virtù, date lagrime e fiori sulla tomba di Carolina Liberati, e dite se potete immaginare figura più dolce, più pura e più alta di sposa, di madre, e di martire! (C.T.)
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