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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
capo archivista, Teramo (9-5-1896). Antonio Pecorai, ottimo cittadino, impiegato intelligente ed integro, amico leale, padre amoroso, soccombeva la sera di mercoledì ultimo per affezzione cardiaca, a 73 anni. Nei solenni funerali, che si fecero ieri l'altro a sera, il prof. Giordano, suo compagno di lavoro, ne tratteggiava la vita con questo elogio: Signori! E' sempre triste e doloroso lo spettacolo della morte, ma quanto la tristezza ed il dolore diventano più intensi e profondi, allorché essa colpisce le persone a noi più care! Ed Antonio Pecorai mi fu carissimo più di quanto si possa immaginare. Onde io per rendere al mio venerato superiore, all'amico impareggiabile, l'ultimo tributo di stima e di reverente affetto, dirò poche parole per ricordare i pregi non comuni della mente e del cuore, dolente che la piena del dolore non mi consenta di onorarne la memoria con un discorso che fosse veramente degno di lui. Pur troppo vi ha dei casi nel corso dell'umana esistenza, i quali colpiscono siffattamente il nostro animo da parallizzarne pressoché tutte le sue facoltà. Non è esagerazione questa, né, fatta per raggiungere un effetto retorico, che sarebbe addirittura fuori posto, ma è solo l'espressione veritiera di quanto avviene in me in questo punto, in cui, dovendo dare l'ultimo vale all'uomo che tutti sinceramente rimpiangiamo, mi sento l'animo turbato, affranto, annichilito, come percosso dalla folgore! Ed è giusto che così sia, imperocché tre anni di vita di ufficio passati insieme, senza che mai i rapporti di reciproca stima ed amicizia sieno rimasti per un solo momento turbati, mi misero in grado di apprezzare gl'impareggiabili requisiti, onde quest'uomo, la cui memoria mi accompagnerà tutto il resto della mia vita, aveva adorni l'anima ed il cuore.
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