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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
patriota, deputato, sottosegretario, Roma (20-7-1899). [Inizio Voce]del potere, tanto avanti a sé stesso egli appariva modesto. "Quanti si tengon or lassù gran regi", ed ignorano la legge dell'equilibrio, "che passa sopra lor vanità che par persona". Settimio Costantini però conobbe quella legge, che fu la sua legge. Perciò nonostante il potere, non mutò le sue modeste abitudini, e voi lo trovate eguale, sempre: e in ciò fu il segreto della sua forza. Non trafficò, e più per istinto; laonde visse e morì non tocco dal contagio del tempo nefasto che volge. In verità, quando semplici aveva i costumi, incorrotta la fede e forte l'anima, v'è quanto basta per additarlo ad esempio. Ho inteso che non ebbe nemici; certo però ebbe chi gl'invidiò quella povertà, sì ricca di fede e di virtù. E come avrebbe potuto sollevare odii quell'uomo senza pretese, e tanto e sempre pensoso della città sua? Chi l'avrebbe odiato? Non i buoni che ne apprezzavano le virtù nascoste; non i malvagi ai quali egli non rubava il mestiere; ch'anzi, ai primi fu di esempio, ai secondi di freno. Rimanevano i sospesi, che visser senza infamia e senza lode, e che furono sempre i peggiori: fra questi ebbe chi gl'invidiò la povertà, e di essi fu moderatore, colmandone l'indolenza e neutralizzandone il fiele. Vi fu pure chi lo credette impari al mandato, ed egli per primo si reputò da meno: a lui era lecito credere così, poiché con la modestia offriva l'esempio. Agli altri no. Il culto della virtù è nostro retaggio e non v'ha sano intelletto che nol professi intenso. Ed egli fu virtuoso. Apparve talvolta intollerante, specie ai giovani, quando ei voleva persuadere, quasi imponendo una grande idea. Ma era un ottimo, e il cuore tornava generoso, come lo sguardo dopo il consueto cipiglio. Qualcuno l'accusò d'inerzia. Nobile accusa è questa. Ei spese la sua energia senza clamore, senza
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