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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
Napoli (16-9-1899). [Inizio Voce]ambiente che egli modificò radicalmente attirando a sé tutta l'arte napoletana, che fu la prima tra le varie sorelle italiane a comprendere i tempi nuovi e le nuove idealità. Ed a Palizzi principalmente si deve questo risultato portentoso, all'arte sua che non è mai diminuita, e che le nuove ricerche, i nuovissimi sforzi servono a farci comprendere ancora meglio, che per riformare la nostra arte bisognava cominciare dalla tecnica, quella tecnica che non si accontenta più nemmeno di far respirare le figure all'aria libera, e di aver fissato il sole sulle nostre tele, e che oggi ricorre alla fisica, per produrre sul nostro occhio l'impressione della luce. Giunta alla fine del secolo, la nostra pittura può finalmente dire di possedere, mercé l'opera dei suoi grandi educatori, la vera sicurezza di operare, e la varia, libera, profonda espressione, per coadiuvare degnamente lo spirito e le correnti ideologiche e filosofiche dei tempi nuovi. Ora il pittore che più degli altri vi ha cooperato, l'educatore che più degli altri ha saputo infervorare due intere generazioni d'artisti, si può spegnere placidamente nell'ultimo anelito del suo secolo così burrascoso, così rivoluzionario, così complesso, eppure così fecondo di conquiste e così gravido di promesse di luminoso, sfolgorante avvenire. (G. Aurini)
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