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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
studente, Teramo (24-1-1900) [Inizio Voce]desiderata, sente il bisogno di porgerti, o Quintino, sopra l'aperto tumulo, un estremo saluto. Ti conobbi da vicino, diligente e costante nello studio, distinto negli esami, amato da tutti noi professori: a tutti eri una speranza, a me più che una promessa. E t'ho perduto proprio quando la vita a te si schiudeva in tutta la pompa della sua bellezza e tu l'aspiravi pieno di vigoria e d'ingegno; quando tu percorrevi, lodato, quegli studi che nobilitano la mente e ingentiliscono il cuore. La ragione si ribella a un così crudele pensiero; no, tu non sei scomparso; tu sei ancora in ispirito a noi vicino e ci odi, o Quintino! Benedetta sia la tua memoria! Dalle speranze e dai voti di tutti era seguito il tuo cammino nel progredire degli studi; dal generale dolore sei accompagnato all'ultima dimora! Grande, immenso è il cordoglio che lasci dietro a te; esso non colpisce soltanto que' tuoi cari sventurati, davanti a cui è giusto inchinarsi come il credente si prostra dinanzi all'immagine del dolore, bensì tutti quelli che ti hanno conosciuto e che, in gran parte, sono qui convenuti a renderti quest'ultimo tributo d'affetto. Prega Iddio che benedica la tua famiglia e le dia forza di sopportare l'immensa sventura che la colpì. La tua memoria è scolpita nei nostri cuori; noi ti vediamo qui dentro, non più cosa terrena, ma angelica farfalla, che dalle tenebre della terra sei volato agli orizzonti della luce che non conosce tramonto. Vale, Quintino! benché tu, esempio di bontà e di rassegnazione, non sia morto per noi, che, lagrimanti, deponiamo sulla tua fossa un fiore, che mai appassirà, perché educato dal pianto o dalla ricordanza. Vale! [appr.]
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