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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
magistrato, Napoli (12-5-1900) [Inizio Voce]improvvisamente da questa valle di pianto. Pur mi rendo all'invito del Foro straziato dal dolore, ma con grande soddisfazione dell'animo mio, perchè mi è concesso in quest'ora triste, di sciogliere pubblicamente un debito di gratitudine verso un uomo che m'insegnò con infinito amore gli elementi del Dritto di Procedura Civile. Il culto a la memoria lagrimata dei miei Maestri Carlo Ginaldi, Giustino de Albentiis, Pasquale Sperandii, e Domenico Auriti, il culto verso il Verrotti e verso due Giureconsulti di questo Foro, sarà eterno, e poiché nulla ho potuto dar loro, s'abbiano il tributo de la mia riconoscenza. Ma perché su quella cassa funerea che chiude gelosa il velo mortale di Pasquale Sperandii, non veggo la toga dell'Avvocato, non la toga coi fregi d'oro del Magistrato, non i distintivi de la croce e da la commenda, nemmeno un fiore de la moglie, delle due sorelle e del nipote ch'egli amò tanto? Eppure è ancor fresca la memoria che Avvocato di questo Foro, fu diligente, coscienzioso, onesto; Magistrato fin dal 1862, Giudice prima a Chieti, poi in Aquila, Vice Presidente a Lanciano, Presidente di Tribunale e Consigliere in Aquila, Presidente di Sezione di Corte di Appello a Genova ed indi in Napoli, fu esempio di sapere, d'integrità, d'osservanza a la legge, circondato dal rispetto del Foro, de la Magistratura e di grandi Giureconsulti. Eppure Napoli fu contristata all'inatteso annunzio della subìta dipartita, sì che il sindaco delegò l'Assessore, prof. di Roberto ad accompagnare la spoglia alla stazione e a dargli il saluto estremo a nome della città all'uomo che era tanto apprezzato. Perché dunque, o signori, il coperchio di quella cassa è ignudo, e non v'è nemmeno un segno di tanto lustro e di sì grande amore? Ah! la vita di Pasquale Sperandii, che si aperse
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