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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
arcidiacono, letterato, Teramo (19-2-1905) [Inizio Voce]difficilissimo discorso. Purtroppo però è questa la nostra condizione quaggiù, creata da noi, da noi voluta, di sentirci spesso obbligati a forzare questa inferma natura, a impedire le sue manifestazioni nobili e sante. Ebbene: se a dimostrare l'ammirazione e l'affetto che io nutrivo per il venerando Maestro, non basta prostrarmi davanti a questa cassa che lo chiude cadavere e qui, a' piedi di lui, sfogare, come natura vorrebbe, il mio dolore col pianto; permettete, o Signori, che, anche con lacrime, la dica una parola di gratitudine, di stima, di dolce addio. Permettete che dica una parola di gratitudine, in nome di quella figliolanza che, se non è facile a contrarre, è però, contratta, la più tenace per vincoli, la più forte per espansione di generose energie; di quella figliolanza, parlo, che sorge nel tempio della scuola, e che non può temere concorrenza di sorta neanche da quella che viene dalla carne e dal sangue generato. Berardo Mezucelli fu nella scuola non solo eccellentissimo maestro, ma fu anche ottimo padre, che seppe genialmente contemperare l'indulgente amore con la severità rigida e calma. Né questo è giudizio mio solitario, ma di migliaia di suoi discepoli, dei quali moltissimi nome onorato hanno in Abruzzo e fuori, non pochi godono, per vita intellettuale, fama di grandi nella nostra Italia. Dopo tante autorevoli testimonianze dell'efficacia che esercitò la sua scuola, non so quale possa essere la mia parola di stima per Berardo Mezucelli. Dirò che fu letterato, che fu filosofo, e come tale non solo da' suoi alunni, ma anche in Abruzzo, ma anche in Italia, per i suoi scritti, conosciuto. Sono opuscoli per volume i suoi scritti, ma sono volumi i suoi opuscoli per densità di pensiero. Non ultimo, e assai caratteristico, apparve un suo lavoro a proposito
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