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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
arcidiacono, letterato, Teramo (19-2-1905) [Inizio Voce]nel '60 il governo di Vittorio Emanuele; ma lasciamo la politica dove ella sta e parliamo d'altro che qui importa, poiché la sua vita fu principalmente per la scuola e per gli studi, nei quali spese costantemente i suoi giorni operosi. Fu senza interruzione il suo passaggio dal banco di studente alla cattedra di professore, e vi ebbe a colleghi condiscepoli e maestri. E nella trasformazione delle scuole collegiali in ginnasiali e liceali fu dei primi ad avervi posto nel 1861. Che festa per lui trovarsi attorno un Vinciguerra, un Campana, un Costantini, un D'Ortensio... che aveva imparato ad amare fin da studente! Per lui nel decennio dal '60 al '70 corse il tempo più felice. Fece la prova de' suoi studi, la manifestazione dei suoi ideali fra le speranze più fulgide d'un avvenire migliore per tutti senza ombra di sconforto. L'ha lasciato scritto in più d'un opera sua e l'ha ripetuto spesso nell'amico conversare. Non v'era esame, non prova di studio che egli non vi prendesse parte. Nel 1865 con Settimio Costantini, Angelo Tulli, Pasquale de la Monaca ed altri, insegnò nella Scuola Tecnica aperta da loro per incarico del Sindaco della città B. Trosini e nell'anno appresso ne lesse il discorso inaugurale il 25 marzo. Fondato il R. Istituto Tecnico, più tardi egli ne fu membro autorevole della giunta di vigilanza. Lavorò anche per la biblioteca pubblica del Liceo-ginnasiale fondata da Melchiorre Delfico. Non conobbe ozio nella vita, fu continua occupazione, scuola e studio. Ma dopo il 1880 la salute cominciò a difettare e lasciò nell'82 la scuola ginnasiale che molto l'affaticava, e rimase Direttore di Spirito del Convitto Nazionale fino a che ottenne onorato riposo. Il Governo del re per le sue benemerenze nell'insegnamento e negli studi lo insignì della croce di cavaliere
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