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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
arcidiacono, letterato, Teramo (19-2-1905) [Inizio Voce]o un'offesa al sacerdote, qualcuno chiamava Berardo Mezucelli liberale, conservatore “Liberale”; sì, ma da libertà, come mezzo, non già come fine. Conservatore? Ma chi può ammettere l'immobilità nella direzione degli Stati? Conservare progredendo, questo è dovere di ogni governo cosciente delle funzioni della vita e delle sue leggi, che sono leggi di avanzamento continuo per l'individuo e per lo Stato. Così egli pensava, così scriveva ed insegnava talora, quando ritesseva nelle sue conversazioni amabili, fraterne la storia del passato, mostrando di amare di uno stesso affetto indissolubile: la Religione e la Patria. Amici, oggi no, che il cuore non regge; ma domani noi rileggeremo e faremo leggere ai nostri amici gli scritti di D. Berardo Mezucelli stimati dai migliori critici, le biografie da lui composte, le quistioni filosofiche da lui trattate con anime di pensatore e con genialità di artista, rileggeremo le sue lettere (vogliamo, vogliamo stamparle una parte delle sue numerose lettere? Che omaggio sarebbe alla sua memoria e che insegnamento ai lettori!), e risentiremo nel cuore la voce buona di chi, cittadino, letterato, pensatore, amò la sua terra, le belle lettere, le ricerche del pensiero assidui, fossero di Tommaso d' Aquino o di Emanuele Kant, di Ippolito Taini o di Antonio Rosmini! Che nome e come gli faceva battere il cuore, insieme ai nomi di coloro, che formarono l'eremitaggio sacro di Stresa: Alessandro Manzoni e Ruggero Bonghi. La dignità del cittadino e del letterato era accresciuta della dignità del sacerdote. Voi lo sapete, come lo so anch' io: il nostro D. Berardo era pio ma senza infingimenti: la sua pietà — e mi è lecito ricordare una espressione del Popolo letterario ch'io scrissi nel settembre del 1903 intorno a — somigliava a quella di un umile
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