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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
scrittore, Città S. Angelo (12-3-1905) [Inizio Voce]ora ritorna dominatrice inestinguibile sull'agone letterario in Italia dove non ancora si è saputo creare, come rifletteva amaramente il Barzellotti, un tipo di prosa letteraria che abbia puro sapere di classicità, un tipo di prosa, che come quella francese elaborata da tempo, rappresenti la nuova anima nazionale; e questo non si potrà avere se non ritornando allo esame sereno dei classici, allo studio coscienzioso della lingua. Come il Castagna fu conservatore in letteratura, così lo fu in filosofia poggiata per lui sul più rigido tomismo, e in religione alla quale si sentiva legata per un vincolo di un certo innatismo ereditario; imperoché egli, figlio di quel Michelangelo che per miracolo potè salvarsi dal piombo dei fucilieri francesi, cominciò fin da ragazzo a credere per lo scampato pericolo paterno al prodigio oltreumano, alla mano pietosa della provvidenza, alla forza ineluttabile della divinità. E perciò fu uno degli uomini di vera fede, fede che conservò inalterata dalla prima adolescenza fino all'ultima vecchiezza. Egli non seppe e non volle sapere affatto di tutto quel movimento cattolico che tende a svecchiare il dogma, a rinnovare i vincoli fra la fede e la ragione, e da dare alla chiesa un carattere più moderno e rispondente alle condizioni dei tempi e dello spirito nostro. Sotto tale aspetto quindi rimase anche in religione come un superstite di altre idee e di altri tempi. Il Castagna però, pur rimanendo così solitario per le idee, ebbe una vera viva passione, e cioè una specie di culto, un'amore caldo e profondissimo per il suo modesto paese natio, e ne ricercò le più antiche memorie, e ne fece la storia di un periodo burrascoso e fulgido di gloria val dire della sollevazione del 1814, libro che più di ogni altro incontrò il plauso e l'ammirazione degli
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