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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
sacerdote, Mosciano S. Angelo (22-10-1905) [Inizio Voce]sovente. Dell'utilità, e degli ammaestramenti di questa sua troppo breve direzione, ne sono prova le numerose relazioni di ispettori e provveditori, che seguendo i suoi consigli hanno triplicato il profitto degli scolari, e la medaglia d'oro di benemerito della P. I. conferitegli dal Ministero. Lascia molti scritti inediti di pedagogia, di filosofia e prose e versi, che vorremmo veder pubblicati dai suoi degni nipoti, che formavano l'unico suo vanto: l'avvocato Francesco e il dott. Vincenzo. Non volle mai pubblicare, per non far chiasso intorno al suo nome «Vivo nella mia famiglia e per la mia famiglia, per la religione, e la gioventù» mi diceva una sera, mentre mi parlava della bellezza del sapere. Il carme e la prosa scritti nelle nozze delle signorine Sabatini mostrarono la forza dello scrivere e la bellezza delle idee. Nel carme si sente tutta la possanza, tutto il profumo del Leopardi, del quale era uno studioso ammiratore. I funerali adunque del nostro Moruzzi, riuscirono degni di lui, e fu ancora una prova dell'alta stima che si aveva del cittadino, del maestro e del sacerdote, che inesorabilmente ci è stato rapito, e non ostante un tempo uggioso, triste, con un cielo, anche esso piangente, mi si permetta la frase, per tanto dolore, una calca di popolo di qui a Montone seguiva il feretro. Alla messa di requiem lesse un discorso, profondo, commovente il Reverendo Arcipr. Martenucci, che dettò una epigrafe latina, mentre altre ne furono scritte dal Pievano di Donato. [appr.]
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