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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
magistrato, insegnante, Penne (20-2-1908) Era uno di quei pochi superstiti di una schiera gloriosa del nostro Abruzzo, che all'alba del nuovo regno entrò nella magistratura italiana a portarvi l'acume fortissimo dell'intelletto e la baldanza incorrotta della coscienza. Ed Emidio Verrotti, di cui conoscemmo troppo tardi la morte per poterne dire quel che volevamo nel numero scorso, fu l'Uomo sereno e puro che resistette alle lusinghe e a qualsiasi falso orpello pur di essere un sacerdote illibato della giustizia, a cui dedicò la sua vita in una gloriosa ascensione di forza e di bene. Qui a Teramo Egli esercitò l'avvocatura e insegnò diritto; e alla sua scuola dotta accorsero volenterosi i giovani che nel tintinnio delle spade e tra i fulmini di guerra si preparavano degnamente alle future lotte del giure; e il Maestro nella sua bonaria filosofia impartiva i dettami giuridici con sicura volontà e imparziale dottrina. Quanti e quanti lo ricordano e lo ricorderanno ora che Egli non è più! quanti lo risentiranno nel core, che, ora lor membra anche stanche posando su dorati seggioloni, parlano il verbo dei codici loro infuso da quella austera e superba bontà di Maestro. Emidio Verrotti era uomo frugale, modesto, ma lavoratore indefesso, pioniere sincero di ogni civiltà; la sua religione fortissima, la religione del lavoro, l'aveva quasi divinizzato, e, racchiuso nella camera da studio, lo rendeva sorridente e pacifico e febbrile nelle sue occupazioni. E col lavoro Egli ascese tutti i gradi, e giunse a coprire il posto di sostituto Procuratore Generale nella Corte d'appello delle Puglie, che tenne per molti anni; e sarebbe salito certamente là dove discepoli e amici ora sono arrivati, se un progressivo indebolimento della vista non l'avesse costretto prima a moderare
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