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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
magistrato, insegnante, Penne (20-2-1908) [Inizio Voce]i suoi studii e poi a ritirarsi a vita privata, abbandonando quella carica che Egli aveva altamente onorata e da cui usciva fiero di circa un cinquantennio di lotte, meritando la commenda della Corona d'Italia, oltre altre onorificenze, e il grado onorifico di sostituto Procuratore generale di Cassazione. E faceva pena, assai pena, vedere quell'Uomo temprato alle più splendide battaglie del foro, tornarsene nel patrio Abruzzo, mentre avrebbe potuto eccellere ancora e toccare le vette supreme della magistratura italiana! Crebbe una forte e numerosa schiera di figli che, all'opera paterna ispiratisi, seppero prodursi e affermarsi in maniera ormai incancellabile. E non ultimo merito fu questo, se si pensa che Emidio Verrotti, rinunziando al pur minimo svago, sollecito solo del bene della famiglia, passava le sue ore libere in dottissime pubblicazioni, specie in materia penale, che riscossero l'approvazione di luminari della scienza giuridica. Era severo con i figli, assai severo, ma di una severità che non gli disdiceva, giacché Egli voleva che l'infrollimento domestico, esistente ora nelle nostre case, dove ai bambini si creano i capricci e le mollezze, fosse sconosciuto ai suoi, i quali dovevano soltanto seguire la retta via che Egli segnava loro luminosamente: così intendeva la vita familiare il Verrotti, al quale può essere da qualcuno rimproverato quella specie di autoritarismo domestico, non consono ai moderni tempi di... rilassatezza, ma non erto gli effetti che ne voleva trarre riguardo ai figli suoi. Egli ora godeva vedendo dalle più lontane regioni tornare a Lui in ogni estate, come a un votivo pellegrinaggio, i suoi giovani figli che nelle università, nei tribunali profondono a piene mani la soda cultura avuta dalla rigida e santa educazione paterna! Il vecchio
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