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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
magistrato, insegnante, Penne (20-2-1908) [Inizio Voce]le sue leggi, quando la malizia umana è più potente di lei o quando il diritto può essere violato per gl'intrighi della politica o per la forza dell'oro. Dall'anno 1862 al 1900, nella non breve carriera di magistrato, quante miserie egli osservò accanto a pochi esempi di virtù e di nobiltà di carattere! Giudice del tribunale di Bari, vice-Procuratore regio a Cosenza nel 1872 rappresentante del pubblico Ministero, or di una, or di un'altra Corte d'Assise dell'Italia meridionale, Procuratore del Re a Taranto ed a Trani, ed in quest'ultima città, dal 1880 in poi, Sostituto Procuratore Generale della Corte d'Appello, egli ascese di ufficio in ufficio, accoppiando la dottrina al giudizio, l'una e l'altro alla indagine dello spirito della legge e all'equanimità serena del magistrato. Né i suoi gravi ufficii lo distrassero completamente dagli studi scientifico-giuridici, che sono elemento necessario della coltura, per chi non si contenta di applicare la pena secondo le aride disposizioni della legge, e ricercando non solo le cause remote della colpa o del delitto e le loro relazioni; ma, quando occorre, ne pone a fondamento i nuovi inattesi postulati di una scuola sociologica criminale, che, non ostante gli eccessi a' quali pare che portino le sue conclusioni, è un vanto grandissimo della nuova Italia. Gli studi egli coltivò con ardore e intelligenza, ne fanno fede alcuni importanti saggi giuridici, varie relazioni all'amministrazione della giustizia nei distretti, ne' quali risiedé. Appare manifesto che una mente, abituata agli studi, alla disciplina del pensiero, non avrebbe potuto mai affatto distaccarsene. Laureatosi, oltre che in giurisprudenza, anche in Lettere e filosofia nell'Università di Napoli, professore di Diritto e Procedura Penale nel Liceo di Teramo sino al 1862,
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